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  • Immagine del redattoreTeam Icaroe

DCA: falsi miti, uomini e social

In questo articolo vi abbiamo dato una panoramica ci quali siano i Disturbi del Comportamento Alimentare, di quanto sono diffusi e delle conseguenze importanti che possono avere in chi ne soffre. Oggi vorremmo affrontare tre temi riguardo i Disturbi del Comportamento Alimentare, cominciando dai falsi miti, ossia tutte quelle convinzioni errate e pregiudizi che si accompagnano a questo gruppo di patologie, che possono essere causa di ritardo nella diagnosi e di maggiore disagio e ansia in chi ne soffre.


I FALSI MITI


I disturbi alimentari sono una scelta.

FALSO! Nessuno sceglie deliberatamente di avere un disturbo alimentare; al contrario è l’instaurarsi del disturbo mentale che porta il soggetto a mettere in atto comportamenti come la restrizione dell’assunzione del cibo, l’induzione del vomito o episodi di abbuffate.


Non si può avere più di un disturbo alimentare. FALSO! Nella stessa persona possono essere compresenti più disturbi alimentari, oppure la stessa persona può presentare disturbi alimentari diversi in diversi periodi della vita.


Si vede se una persona soffre di un disturbo alimentare.

FALSO! Il peso non è marcatore clinico imprescindibile di disturbi alimentari: una persona affetta da un DCA non è necessariamente magrissima o emaciata, ma può avere un aspetto paragonabile a quello della maggior parte delle persone. Dipende dal tipo di disturbo, dalla gravità e dalla fase del disturbo stesso.


I DCA colpiscono solo il sesso femminile.

FALSO! Gli uomini rappresentano il 5-10% di tutti i casi di anoressia nervosa e il 10-15% dei casi di bulimia nervosa.


Quando una persona torna normopeso è guarito.

FALSO! Ritornare ad un peso normale è un aspetto positivo e un risultato importante, ma non coincide sempre con la risoluzione del disturbo. Ad esempio, una persona con anoressia in remissione può essere tornata ad un peso normale, ma avere ancora pensieri incentrati sulla necessità di restringere il cibo ed essere magri, così come una percezione dismorfica del proprio corpo.


Non sono disturbi “mortali”.

FALSO! All’anoressia nervosa è collegata una mortalità 5-10 volte maggiore di quella di persone sane della stessa età e sesso.*

Inoltre, anoressia e bulimia sono associate a molte comorbilità e complicanze sistemiche.


Sono disturbi esclusivi dell’adolescenza.

FALSO! L’età più a rischio per l’insorgenza di un DCA è tra i 15 e i 25 anni. Tuttavia, esistono casi di esordio in età infantile, quasi sempre casi di Anoressia Nervosa. Un esordio precoce può comportare, per altro, un rischio maggiore di danni permanenti secondari alla malnutrizione, soprattutto a carico di ossa e sistema nervoso.

Esistono anche casi ad esordio tardivo, dopo i 40 anni (spesso a seguito della menopausa e al ricorso a diete intraprese per contrastare l’aumento di peso): in queste età è invece più frequente la Bulimia Nervosa.


L’anoressia è l’unico Disturbo Alimentare grave. FALSO! Anche gli altri DCA possono causare conseguenze gravissime per la salute e addirittura la morte. Per esempio, nei pazienti affetti da Bulimia Nervosa, l’abuso di lassativi e/o diuretici e il vomito autoindotto costituiscono un significativo rischio di morte improvvisa per arresto cardiaco da squilibrio elettrolitico, mentre nei pazienti con Binge Eating Disorder, la morte può sopraggiungere improvvisamente anche per lacerazione dello stomaco dovuto alle abbuffate senza controllo.


DCA E SESSO MASCHILE


Come avete potuto leggere i disturbi del Comportamento Alimentare sono tra le condizioni psichiatriche più pericolose, con alti tassi di mortalità e si associano spesso ad altre patologie sistemiche e a un decorso cronico con ricadute. Eppure, nonostante la loro importanza e gravità, sono spesso associati al solo genere femminile, ignorando la prevalenza della condizione nei maschi. Per questo motivo questi disturbi sono stati definiti come   una condizione "femminocentrica". Ironicamente, in una società per la maggior parte declinata al maschile, i DCA sono una delle poche condizioni squisitamente femminili nell’immaginario comune.


Questo ha comportato diverse difficoltà per i pazienti affetti di sesso maschile, a partire dalle scarse conoscenze della condizione e della presentazione nell’uomo, a causa della carenza di studi scientifici che includano campioni rilevanti di pazienti maschi. Per queste ragioni i DCA sono condizioni che spesso non vengono riconosciute nel maschio e i criteri diagnostici sono disegnati per una popolazione femminile.

Fra questi il BMI (indice di massa corporea, che valuta soprattutto la perdita di peso che si associa a diversi disturbi del comportamento alimentare) non è considerato un criterio sufficientemente affidabile nel maschio. Infatti, nella maggior parte degli uomini queste condizioni non si associano a importanti perdite di peso, e il BMI non consente quindi di fare una diagnosi precoce, né di seguire in maniera efficace l’evoluzione della patologia nel tempo.


Cosa comporta tutto ciò?

Nel genere maschile i Disturbi del Comportamento Alimentare spesso non vengono riconosciuti e quindi non sono trattati; sono un ambito ancora poco studiato e compreso. I sintomi vengono trascurati e "scoperti" solo quando sono particolarmente gravi e la diagnosi tardiva comporta un aumentato rischio di complicanze associate alla patologia, con alto potenziale di rischio. Il ritardo nella diagnosi è associato anche a una minore consapevolezza dello stesso paziente nei confronti della propria condizione, oltre a un’importante pressione sociale, che fa sì che la richiesta di aiuto sia più tardiva rispetto al genere femminile. Gli uomini affetti da DCA arrivano spesso a una diagnosi con numerose alterazioni fisiche a causa sia di un ritardo nella ricerca di assistenza medica, sia di uno scarso riconoscimento della patologia (da parte del paziente stesso e dei curanti).


Tuttavia, negli ultimi anni la comunità scientifica sta facendo passi avanti nel riconoscimento di queste mancanze e si sta aprendo a una maggiore comprensione dei DCA maschili, il DSM V ha eliminato l’amenorrea dai criteri diagnostici dell’Anoressia Nervosa e del Disturbo del Comportamento Alimentare Non Altrimenti Specificato (EDNOS).

Secondo uno studio del 2008 del National Institute of Health circa un milione di persone di genere maschile nel mondo soffre di un disturbo alimentare. Altri studi mostrano una prevalenza del 10% di individui di sesso maschile tra i casi di DCA e in Australia circa 1 su 4 di pazienti adolescenti affetti da DCA è maschio, arrivando a 1 su 3 in Gran Bretagna.

Ci sono diverse somiglianze per quanto riguarda i sintomi di presentazione tra maschi e femmine ma anche alcune importanti differenze:

  • Nei maschi è più frequente una storia precedente di sovrappeso (fino al 40% dei casi);

  • L'età di insorgenza del disturbo è più tardiva;

  • Vengono frequentemente riportati episodi premorbosi di bullismo legati al peso corporeo;

  • I maschi tendono più spesso ad occultare il fenomeno con diete rigide e intense pratiche sportive;

  • È più frequente l'associazione con la vigoressia, nei maschi è più frequente l'attenzione alla forma (shape) più che al peso, motivo per cui l’utilizzo del BMI non risulta così valido come nel sesso femminile;

  • I ragazzi ricorrono al vomito, ai farmaci diuretici e ai lassativi in misura minore rispetto alle donne;

  • Il riconoscimento del disturbo da parte della persona e quindi la richiesta di aiuto è più spesso tardiva rispetto al sesso femminile.

  • Infine, nei maschi, alle difficoltà della condizione in sé si associano anche la vergogna e il pregiudizio associati allo stigma culturale di avere una malattia considerata tipicamente femminile.


La mancata rappresentazione degli uomini nella ricerca sui Disturbi del Comportamento Alimentare ha ostacolato per lungo tempo l'identificazione della sintomatologia e ha prodotto conseguenze come la  stigmatizzazione dei pazienti, la mancata assunzione del trattamento e complicanze mediche anche gravi. Un approccio meno femminocentrico e più inclusivo dovrebbe tenere anche dell'esperienza maschile e della varietà di presentazione del disturbo nel maschio. È soprattutto importante prestare attenzione ai segnali di allarme nei periodi chiave dello sviluppo  come l’adolescenza per individuare precocemente questi disturbi e prevenirli.

DCA E SOCIAL


I social media sono entrati nelle nostre vite e hanno rivoluzionato il nostro modo di utilizzare internet e i nostri smartphone, ma hanno avuto anche un innegabile impatto sulla nostra percezione della bellezza e sull'autostima. Siamo giornalmente esposti a fotografie di “vite perfette” spesso costruite a tavolino e il costante confronto con “gli altri” rischia di avere impatti rilevanti sulla nostra percezione del sé e sul rapporto con il cibo e con il nostro corpo.

La relazione tra l'uso dei media, l'immagine corporea e il rischio di comparsa di Disturbi del Comportamento Alimentare è studiata da decenni: riviste e TV sono state le principali forme di media esaminate mentre più di recente anche i social media sono entrati nella lista degli "indagati". Tuttavia, anche se sono diversi gli studi sulla relazione tra social media e percezione corporea, il legame con i DCA e è stato meno studiato: l'uso dei social network sembra associato secondo alcune ricerche a maggiore insoddisfazione corporea e Disturbi del Comportamento Alimentare, con risultati simili in entrambi i sessi. Tuttavia, l’età minima per iscriversi ai social network (Facebook/ Instagram) è di 13 anni e questo può rappresentare un fattore limitante in diversi studi.


Ricerche recenti hanno mostrato che su Internet sono presenti numerosi esempi di perpetuazione di ideali di bellezza femminile stereotipati: un'analisi dei contenuti delle pubblicità presenti su siti diretti agli adolescenti ha riscontrato la presenza di figure tipicamente femminili, giovani, magre e attraenti, mentre sui social sembra contare di più il confronto con i propri pari. I fattori di rischio più spesso correlati all’insorgenza di Disturbi del Comportamento Alimentare sono:

  • utilizzo estensivo dei social e molto tempo passato sugli stessi

  • un maggior numero di amici su Facebook, che sembra connesso a una maggiore sorveglianza nei confronti del proprio corpo

  • possibilità di continui paragoni con i propri pari

  • facile oggettificazione corporea

  • poco controllo da parte dei genitori.


Molti di questi fattori di rischio esistevano anche prima dei social, che, insieme a internet, hanno sicuramente reso più semplice avere accesso ad alcune realtà o infomazioni. Tra le insidie vanno ricordati i siti “pro anoressia” e “pro bulimia”, le pagine di fitness estremo, che ogni giorno postano video o immagini di esercizi svolti da uomini e donne con fisici perfetti, la presenza di filtri che modificano l’aspetto e mimano la chirurgia estetica, le pagine di “diari alimentari”...

Ma i social non hanno solo lati negativi! Esistono anche tanti esempi virtuosi e tanti professionisti che si impegnano per diffondere informazioni corrette e dare visibilità a questi disturbi. Sono presenti diverse pagine di professionisti che trattano il tema dei Disturbi del Comportamento Alimentare, pagine e siti delle case di cura e pagine che parlano di body positivity, cercando di trasmettere messaggi profondi di accettazione di sé. Instagram stesso è recentemente intervenuto facilitando la richiesta di aiuto per coloro che ricercano determinati hashtag all’interno dell’applicazione.

I social sono anche una piattaforma per coloro che intraprendono un percorso di cura e possono essere utilizzati per raccontare il cosiddetto "recovery". In questo modo diventano "strumento di guarigione" e possono aiutare associati alla terapia. Ma è importante fare molta attenzione: Le pagine "recovery", come i diari alimentari, non sempre sono un bene per chi guarda. Il percorso di un altro non sempre è quello adatto anche a noi e la presenza di questi strumenti non deve ritardare il ricorso a un professionista.

Chiedere aiuto è la cosa più giusta e coraggiosa che possiamo fare e cercare un professionista è la scelta migliore in ogni caso.


Speriamo di aver chiarito eventuali dubbi sul tema, per qualsiasi altra domanda siamo disponibili tramite la sezione contatti di questo sito e su Instagram e Facebook!


Il Team di Icaroe in collaborazione con Dr.ssa Rossella Zangari


Fonti

  • Ministero della Salute

  • Manuale Diagnostico e Statistco dei Disturbi Mentale, Quinta Edizione

  • G. Holland, M. Tiggemann; A systematic review of the impact of the use of social networking sites on body image and disordered eating outcomes; Body Image; 17 (2016) 100–110

  • Giacomo Mancini,Roberta Biolcati, Virginia Pupi, Federica Andrei, Sabina La Grutta, Rosa Lo Baido, Elena Trombini, I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione nei maschi: una panoramica sulle ricerche nel periodo 2007-2017, Il Pensiero Scientifico Editore downloaded by IP 88.147.85.192 Thu, 20 Feb 2020, 17:04:24

  • Stuart B. Murraya,⁎, Jason M. Nagatab, Scott Griffithsc, Jerel P. Calzod,e, Tiffany A. Brownf, Deborah Mitchisong, Aaron J. Blashillh,i, Jonathan M. Mond; The enigma of male eating disorders: A critical review and synthesis,  Clinical Psychology Review 57 (2017) 1–11

  • Simon M. Wilksch PhD1 | Anne O'Shea PhD1 | Pheobe Ho BSc2, Sue Byrne PhD2, Tracey D. Wade PhD; The relationship between social media use and disordered eating in young adolescents,INternational Journal of Eating Disorders, DOI: 10.1002/eat.23198

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