Raccomandazioni per affrontare il tema sia sui media che di persona
Il problema
Parlare di suicidio di per sé non è un problema. Anzi. Lo stigma attorno a questo argomento è però evidente e attuale. E’ necessario attuare strategie che portino a una maggiore conoscenza del tema e possano aiutare le persone in difficoltà - e coloro che le circondano - a riconoscere correttamente e precocemente la situazione e richiedere aiuto.
Vari studi scientifici hanno analizzato le modalità con cui spesso telegiornali e social media affrontano il suicidio, evidenziandone le criticità comunicative.
Infatti, parlare di suicidi in maniera non appropriata è parte stessa del problema e può influenzare negativamente il fenomeno.
L’esempio più lampante e criticato degli ultimi anni è quello di “13 reasons why”, serie TV di Netflix, indirizzata principalmente agli adolescenti, che racconta le vicende di una giovane ragazza americana morta suicida, e degli avvenimenti successivi.
Tra gli aspetti maggiormente criticati da professionisti del settore ci sono [1]:
- romanticizzazione dell’evento: il suicidio è rappresentato come mero atto narrativo invece che come atto a cui si arriva a causa di una problematica di salute mentale;
- rappresentazione grafica delle scene di violenza e di suicidio: è noto che mostrare come è messo in atto il suicidio può causare in altri soggetti a rischio comportamenti simili, in quanto essi possono essere influenzati a commettere gli stessi gesti;
- sminuimento del ruolo della prevenzione: la serie rappresenta i consulenti scolastici - che avrebbero dovuto aiutare la ragazza - come distanti e incompetenti; inoltre il rapporto tra i giovani e gli adulti - i quali sembrano non comprendere il “vero” problema - viene banalizzato a mero problema generazionale;
- erronea dimostrazione delle strategie messe in atto dopo un suicidio: è estremamente importante riuscire a ridurre l’impatto sulle persone coinvolte in prima persona o dalla notizia di un suicidio, ma nelle serie TV molte delle strategie adottate non seguono le raccomandazioni ufficiali fornite dalle categorie di professionisti competenti.
Come è corretto parlarne
1. Come dovrebbero parlarne i mezzi di informazione
Più di 50 studi in tutto il mondo hanno evidenziato che alcuni tipi di copertura mediatica possono aumentare la probabilità di suicidio in soggetti vulnerabili. L'entità dell'aumento è correlata alla quantità, alla durata e all'importanza della copertura [2]. E’ stata redatta una breve lista - sviluppata da una collaborazione tra le maggiori autorità a livello globale che si occupano di suicidio e prevenzione - e le raccomandazioni sono le seguenti [2]:
2. Come se ne può parlare di persona
Parlare con una persona che mostra dei segni - più o meno espliciti - che possano far pensare all’eventualità che possa commettere suicidio è sicuramente difficile, ma allo stesso tempo è utile e importante. Infatti è stato dimostrato che parlare apertamente di suicidio riduce la probabilità che questo venga messo in atto. Anche in questo caso però ci sono dei metodi che si possono attuare per agire in sicurezza ed essere di reale supporto e aiuto.
In particolare:
- prima di affrontare l’argomento con la persona interessata è fondamentale avere sottomano i numeri utili per le emergenze (vedi sotto);
- come iniziare la conversazione: parlagli/le direttamente dei motivi che lo/la hanno spinto a credere che lui/lei sia in una situazione di difficoltà (es. “Ho notato che l’altro giorno hai detto <<non vedo vie d’uscita da questa brutta situazione>>”; fai attenzione soprattutto alle persone con problematiche di salute mentale o con esperienza diretta o meno di suicidio poiché sono più a rischio);
- fai la domanda in maniera diretta: cerca di mettterlo/la a proprio agio e se la conversazione sul tema prosegue porgi direttamente la domanda in modo che la risposta sia un sì o un no; in questo modo la persona interessata saprà che potrà parlare con te in maniera aperta senza paura di subire giudizi (es. “Stai pensando di suicidarti?”). Importante: non chiedere la domanda come se cercassi un no come risposta (es. “Non starai mica pensando di ucciderti, vero?”);
- non minimizzare le sue risposte: parla apertamente e rimani tranquillo/a, ascolta e lascialo/la parlare ed esprimere liberamente, evidenzia la serietà del problema, stagli/le vicino, rassicuralo/a sul fatto che può chiedere aiuto, non lasciarlo/a da solo/a e non promettere di mantenere segreta la conversazione - potresti infatti poi dover chiedere supporto ai professionisti competenti (es. medici psichiatri e non, psicologi, telefono amico).
Consigli e numeri utili
Se ti trovi in una delle situazioni descritte sopra o se hai assistito o sentito di un episodio di suicidio e senti la necessità di parlarne con qualcuno, chiama i seguenti numeri. Troverai personale specializzato che potrà fornirti il suo aiuto:
Telefono amico 199284284
Telefono azzurro 19696
Numero unico emergenze 112
FONTI E RISORSE
1. Thirteen Reasons to Be Concerned About "13 Reasons Why" by Sansea L Jacobson, MD, director of the Child and Adolescent Psychiatry Residency Training Program at Western Psychiatric Institute and Clinic at the University of Pittsburgh School of Medicine
2. Recommendations for Reporting on Suicide, American Foundation for Suicide Prevention Annenberg Public Policy Center Columbia University Department of Psychiatry National Alliance on Mental Illness, New Hampshire Substance Abuse and Mental Health Services Administration Suicide Awareness Voices of Education
Il Team di Icaroe in collaborazione la dott.ssa Aurelia Salussolia
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