Il lockdown in Italia è iniziato esattamente 50 giorni fa, il distanziamento sociale (o come è meglio poi stato ridefinito dall'Organizzazione Mondiale della Sanità “distanziamento fisico”) da qualche giorno prima.
Per la maggior parte della popolazione italiana questo si è tradotto in una reclusione forzata nelle proprie abitazioni, grandi o piccole che siano, interrotta da rare uscite giustificate da stati di necessità strettamente controllati.
Nell’ultimo post sul coronavirus “Come affrontare lo stress” abbiamo parlato di come la permanenza forzata e prolungata in casa porti con sé delle conseguenze non indifferenti per tutti noi.
Ma cosa vuol dire invece “stare in casa” per tutti quelli che una casa non ce l’hanno? Persone per cui l’isolamento e la quarantena risultano impossibili? #NonCiLasciareIndietro è l’hashtag ufficiale lanciato dal Giornale della Protezione Civile (1) per aumentare la sensibilizzazione su questo tema. Questa settimana proveremo a fare una breve panoramica per alcune di queste categorie di popolazioni considerate più a rischio: i senzatetto, i senza dimora (2), i migranti, i detenuti . Questi sono gruppi estremamente vulnerabili la cui condizione, soprattutto all’inizio dell’epidemia, non è stata considerata nei decreti emessi dal governo italiano, così come dagli altri Paesi, facilitando ulteriormente la diffusione del virus al loro interno.
Vulnerabili perché?
Come già discusso nell’articolo “La salute non è uguale per tutti", il livello sociale, le condizioni abitative, il lavoro e spesso anche il quartiere in cui si vive influenzano in modo determinante la salute di una persona in tempi “normali”. Proviamo quindi a immaginare cosa possa voler dire dover affrontare un’epidemia causata da un virus facilmente trasmissibile come il Coronavirus senza avere i mezzi adeguati per prevenirlo e curarlo.
Migranti e rifugiati sono colpiti da questa pandemia in modo maggiore rispetto alla popolazione generale e molti Paesi riportano una letalità più alta in questi gruppi (3). Anche una comunicazione efficace per prevenire questa malattia in queste popolazioni risulta estremamente difficile, così come identificare e trattare le persone che l’hanno contrattata con tempi e modalità adeguati.
Le persone senza dimora
Secondo l’ultimo report dell’ISTAT (4), le persone senza dimora in Italia sono circa 51 mila; considerando i 158 comuni italiani in cui è stata condotta l’indagine rappresentano quindi circa il 2,43 per mille della popolazione regolarmente iscritta presso questi comuni.
Le questioni relative ai senzatetto sono molte: le associazioni che si occupavano di fornire assistenza, mense, dormitori e docce possono continuare a lavorare? Dove possono recarsi a dormire e mangiare queste persone considerando che le strutture che prima li ospitavano non erano pensate per accogliere tali numeri rispettando tutte le norme di sicurezza? A che figura medica possono rivolgersi in caso di necessità considerando che essere senza dimora e quindi residenza vuol dire anche non essere seguiti da un medico in maniera costante? Queste persone, non avendo la residenza, spesso non hanno un medico di medicina generale, quindi si affidano solo al Pronto Soccorso e a ambulatori dedicati, che in questa situazione non sempre rimangono aperti o hanno regole di accesso limitanti. Per questo motivo è anche più difficile individuare velocemente queste persone se sviluppano sintomi. Una ulteriore difficoltà è sul distanziamento sociale: le persone che continuano a vivere in strada spesso lo fanno con altre persone o a gruppetti. Queste e tante altre questioni sono centrali per questi soggetti che spesso già di base soffrono di patologie croniche più o meno serie e che possono essere aggravate dalle condizioni del virus. La somma di questi fattori rende queste persone ancora più a rischio.
Ruth Owen, il vicedirettore della Federazione europea delle associazioni nazionali che lavorano con i senza dimora, invita ad individuare una strategia specifica per questa popolazione per cui serve “una sensibilizzazione mirata nei test”. La maggior parte delle strutture in cui i senzatetto possono essere ospitati in modo sicuro sono al momento posti piuttosto pericolosi se non si è in grado di separare gli infetti dai non infetti, così come le persone che lavorano in questi strutture dovrebbero aver accesso ai dispositivi di protezioni adeguati e i servizi per i senzatetto dovrebbero essere considerati servizi essenziali. Infine, questioni non meno importanti sono la fornitura di cibo, anche questa minacciata dalle condizioni di blocco, e le multe che i senzatetto ricevono dalle forze dell’ordine per non rispettare le regole imposte, sanzioni economiche che nella maggior parte dei casi non possono permettersi di pagare.
Un’ultima considerazione da fare è in merito proprio alle patologie più diffuse in questa popolazione (HIV/AIDS, malattie polmonari, malnutrizione, problemi di salute mentale, abuso di sostanze, ferite e infezioni della pelle) (5) e le condizioni mediche che di base rendono più a rischio di sviluppare complicazioni della COVID-19 (stati di immunocompromissione, malattie polmonari croniche o asma, diabete, obesità, malattie epatiche, malattie renali croniche) (6). Sono due “liste” che purtroppo si sovrappongono in buona parte e rendono ancora più evidente l’estrema fragilità e la necessità di misure specifiche per questa popolazione.
Cosa succede nel Mondo?
GIAPPONE - “Le autorità giapponesi si stanno affrettando a ospitare migliaia di senzatetto a seguito della chiusura di internet café in diverse città importanti. I caffè sono diventati una destinazione comune per chi non ha un alloggio sicuro. Sono spesso aperti tutto il giorno e molti dispongono di cabine private, docce e forme di intrattenimento, compresi i giochi.
Alle aziende però è stato ordinato di chiudere le porte per aiutare a contenere la diffusione del coronavirus. Mentre il Giappone ha ufficialmente un basso tasso di senzatetto rispetto a molte altre nazioni sviluppate, più di 4000 "rifugiati degli internet café" risiedono nella capitale, Tokyo.
I funzionari comunali affermano di aver iniziato a fornire loro camere d'albergo e altre forme di alloggio temporaneo. Nella vicina città di Saitama, le autorità hanno anche riproposto un palazzetto dello sport per 200 persone.” (BBC, 7)
SUD AFRICA - A inizio Aprile, con l’inizio del lockdown anche in Sudafrica, i senzatetto di Johannesburg, la città più popolosa del Sudafrica e la terza più popolosa dell'Africa, sono stati letteralmente raccolti dalle strade dalle forze dell’ordine, per lo più militari, e obbligati a trasferirsi in uno stadio. Qui erano state preparate delle tende predisposte per ospitare massimo due persone ciascuna, per mantenere le distanze di sicurezza necessarie, ma dove le autorità ammettono a volte venivano messe insieme fino a 10 persone. "L'obiettivo è mantenere il virus fuori da questa comunità" - afferma Sasha Lalla, leader di COSUP, un programma per chi soffre di abuso di sostanze sostenuto dalla città -"Penso che vedremo una situazione in cui le persone con un sistema immunitario compromesso non sono solo a rischio di COVID-19, ma anche a rischio di morte. Abbiamo la responsabilità di proteggere le persone più vulnerabili".
"Ci hanno messo qui e ora siamo vicini gli uni agli altri. Ecco perché saremo vulnerabili al Coronavirus", afferma Simon. Dice che si sentirebbe più sicuro per strada. "Preferirei fare le valigie e andare a vivere là fuori per strada. O nella boscaglia da qualche parte da solo, piuttosto che rischiare la mia vita da qualcosa che qualcuno ti promette", ha aggiunto. (8)
CANADA - Alcuni enti di beneficenza stanno distribuendo tende ai senzatetto di Toronto, incoraggiandoli ad accamparsi negli spazi pubblici della città, piuttosto che correre il rischio nel suo affollato sistema di rifugi dove un certo numero di persone è ora risultato positivo per COVID-19. Per ora Toronto si è impegnata a non sfrattare i senzatetto accampati negli spazi urbani all'aperto, anche se afferma che monitorerà gli accampamenti per problemi di salute e sicurezza. (9)
Il Team di Icaroe in collaborazione con Nadia Younis e la dott.ssa Martina Francaviglia
Fonti
http://www.parlarecivile.it/argomenti/povert%C3%A0-ed-emarginazione/homeless.aspx
"The Epidemiology and Economics of Coronavirus" webinar, SDSN Secretariat, Migrants and Refugees in the COVID-19 Response, Dr Ozge Karadag Caman, Dr Yanis Ben Amor
https://www.istat.it/it/files//2015/12/Persone_senza_dimora.pdf
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