Il virus non fa discriminazioni, ma agisce come un amplificatore di disuguaglianze, perché mentre cerchiamo di attenerci rigidamente alle indicazioni delle autorità sanitarie, dobbiamo ricordare che non tutti possono permettersi di non lavorare per più di un mese, non tutti hanno accesso a cibo sano, in special modo ora che molti servizi sono sospesi, che qualcuno vive in case sovraffolate e che chi ha un disturbo psicologico/psichiatrico potrebbe vederlo peggiorare durante la reclusione. Tutti questi casi possono riguardare anche - e in particolar modo - la popolazione migrante, a cui si deve aggiungere la barriera linguistico-culturale che spesso impedisce l’acquisizione di informazioni sanitarie corrette e la piena comprensione dei propri diritti.
Italia: cosa dicono i decreti?
Il Governo, con un decreto interministeriale, ha stabilito che l’Italia non può più essere considerata place of safety “porto sicuro” a causa del Coronavirus, solo per alcune navi, bloccando cioè l’attracco di migranti su navi battenti bandiera straniera (ad esempio, quelle delle ONG), ma non quelli salvati da navi italiane.
Come specificato in una circolare ai prefetti, al loro arrivo i migranti devono essere sottoposti a tampone per il virus SARS-CoV-2 e sottoposti a isolamento fiduciario per i successivi 14 giorni, al termine dei quali, se non sono risultati positivi, possono essere trasferiti nelle idonee strutture di accoglienza.
Per quanto riguarda queste ultime, la circolare indica che al loro interno deve essere assicurato il rispetto delle misure di contenimento previste sul territorio nazionale, compreso l’obbligo per gli ospiti di rimanere nelle strutture. Viene garantita anche l’attività di informazione sul virus e sulle prescrizioni igienico-sanitarie, con l’ausilio dei mediatori culturali.
A tal proposito, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha prodotto brochure sul COVID-19 e sulle misure in Italia, in tutte le lingue del mondo. Materiale simile è stato fornito anche da UNHCR.
Com’è la situazione reale?
Asgi (associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) e ActionAid hanno diffuso un documento, sottoscritto da molte associazioni come Mediterranea Saving Humans, Gruppo Abele, Libera, Emergency, e Medici contro la tortura, che indaga l’impatto dell’epidemia sui diritti dei migranti, rendendo evidente che le strutture dell’accoglienza, caratterizzate da grandi concentrazioni di persone, non sono certamente idonee a garantire le prescrizioni igienico-sanitarie e quindi la salute né degli ospiti né dei lavoratori dell’accoglienza.
I CARA (Centri di accoglienza per richiedenti asilo) e i CAS (Centri di accoglienza straordinaria) hanno capacità ricettive di decine o centinaia di posti, la permanenza degli ospiti è spesso organizzata all'interno di moduli abitativi o container per oltre dieci persone e i pasti sono organizzati all'interno di mense collettive; è quindi evidente che non possano essere osservate le prescrizioni per il contenimento del contagio.
Le associazioni firmatarie chiedono quindi la chiusura dei CAS di medie e grandi dimensioni, riorganizzando il sistema di accoglienza secondo il modello dell’accoglienza diffusa sul territorio, in appartamenti più piccoli. Propongono anche che venga consentito l’accesso al SIPROIMI (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati) anche per coloro che ne sono stati esclusi dal Decreto Sicurezza, cioè i titolari di permesso umanitario e i richiedenti asilo. Denunciano infine che le condizioni dei CPR (centri di permanenza per il rimpatrio) e negli hotspot sono pericolose, per il numero elevato di persone che vivono in condizioni sanitarie precarie e senza presidi sanitari nei centri, e quindi un contagio all’interno di queste strutture potrebbe avere conseguenze drammatiche, anche per l’impossibilità di procedere all’isolamento degli infetti.
Infine, per quanto riguarda l’effettivo accesso alle cure, i possessori di un permesso di soggiorno hanno diritto all’assistenza offerta dal Sistema Sanitario Nazionale, mentre gli irregolari provenienti da un Paese extracomunitario possono richiedere un codice STP (Straniero Temporaneamente Presente) della durata di sei mesi. Questo non dà diritto al medico di medicina generale, ma il migrante può rivolgersi ai centri appositi per ricevere solo cure urgenti o essenziali. Purtroppo anche questi centri hanno ridotto la loro attività a causa dell’emergenza sanitaria, con il rischio di fermare le terapie per le malattie croniche, la prevenzione di quelle infettive e la precoce individuazione dei sintomi di COVID-19.
È vero che i migranti si ammalano meno?
La prima considerazione da fare è che i migranti che riescono ad arrivare in Italia dal Mediterraneo sono generalmente sani, perché vengono in qualche modo “selezionati” dalla difficile traversata, nonché dalla permanenza, spesso, nei campi libici. Molti, purtroppo, muoiono prima di arrivare sulle nostre coste.
Ma lo stress del viaggio può facilmente mettere a dura prova il sistema immunitario; infatti la malattia che più frequentemente i medici diagnosticano negli hotspot è la tubercolosi, riattivata a causa dell’indebolimento delle loro difese immunitarie.
Nelle scorse settimane è stato ipotizzato che gli immigrati provenienti da Paesi in cui è diffusa la vaccinazione contro la tubercolosi potessero ammalarsi meno di COVID-19 rispetto alla popolazione generale.
Uno studio condotto a Reggio Emilia non ha trovato alcuna prova dell’ipotesi che il vaccino BCG (Bacillo di Calmette-Guérin, per la tubercolosi) sia protettivo nei confronti del Coronavirus; anzi ha registrato una uguale prevalenza di infezione – cioè la proporzione di individui malati - tra gli immigrati e gli italiani, una volta che il dato è stato corretto per fasce d’età.
È necessario appunto ricordare che, statisticamente, gli immigrati costituiscono una popolazione più giovane rispetto a quella italiana e, poiché l’infezione da Coronavirus colpisce più duramente le persone di età avanzata, è facile capire perché ci sia stata questa errata percezione.
Tale studio ha evidenziato un altro dato degno di nota: la probabilità per le donne straniere di risultare positive al test per il virus è più alto rispetto agli uomini stranieri (che hanno una probabilità simile agli uomini italiani e superiore rispetto alle donne italiane), e questo significa che vanno a fare il tampone quando i sintomi sono molto evidenti e specifici e quindi, probabilmente, più gravi. In linea con altri studi precedenti, si evidenzia il fatto che per le donne straniere l’accesso alle cure è particolarmente difficoltoso.
Cosa succede in Europa?
PORTOGALLO. Il governo portoghese, per far fronte all’emergenza, ha deciso la regolarizzazione temporanea e immediata degli immigrati e dei richiedenti asilo fino al 30 giugno, garantendogli così pieno accesso al sistema sanitario. L’intenzione del Consiglio dei ministri è quella di “ridurre i rischi per la salute pubblica”, anche in relazione all’attività dell’ufficio immigrazione, sia per i migranti sia per i lavoratori.
GRECIA. La situazione dei campi profughi è grave e pericolosa. Un esempio è il campo di Moria, sull’isola di Lesbo: un hotspot costruito per ospitare 2600 persone, al momento contiene una quantità di rifugiati e richiedenti asilo dieci volte superiore. Medici senza frontiere (Msf), e Amnesty International stanno chiedendo al governo greco di predisporre un piano che includa misure di prevenzione e controllo dell’infezione, promozione della salute, rapida identificazione dei casi, isolamento e gestione dei casi lievi e il trattamento di casi gravi e critici.
Altrimenti l’unica alternativa possibile, dicono le associazioni, è l’evacuazione dei campi delle isole greche, perché “costringere le persone a vivere in campi sovraffollati, senza protezione, sta diventando criminale”.
Migliaia di persone anziane, con malattie croniche, bambini, donne in gravidanza, neo-mamme e persone con disabilità sono intrappolate in condizioni di sovraffollamento critico. Ora si è aggiunta la pandemia, le cui conseguenze potrebbero essere catastrofiche per tutte le persone confinate nei campi.
Fonti:
https://www.interno.gov.it/it/notizie/misure-prevenzione-covid-19-nel-sistema-accoglienza-migranti
https://www.lifegate.it/persone/news/coronavirus-lesbo-turchia-migranti
Prevalence of SARS-CoV-2 (COVID-19) in Italians and in Immigrants in Northern Italy
https://www.amnesty.it/appelli/assistenza-sanitaria-negata-ai-richiedenti-asilo-in-grecia/
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