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Immagine del redattoreTeam Icaroe

Cosa c'entra il cambiamento climatico con dieta e salute?

Nell’articolo di due giorni fa abbiamo descritto alcune caratteristiche dell’emergenza clima, iniziando ad approfondire l’impatto di questo fenomeno sulla nostra salute.

Ma in che modo le nostre attività individuali, ad esempio quello che mangiamo, hanno un impatto sull’ambiente? E in che modo questo si ripercuote sulla nostra salute?

Uno dei parametri più frequentemente utilizzati per stimare le emissioni gas serra è quello della “carbon footprint” (letteralmente “impronta di carbonio”).


Cos’è esattamente la carbon footprint?

La carbon footprint è una misura che esprime in “CO2 equivalente” il totale delle emissioni di gas ad effetto serra associate direttamente o indirettamente ad un prodotto, un’organizzazione, un servizio o un individuo. Ossia quanta anidride carbonica si produce, ad esempio, per produrre 3 kg di carne di mucca o per spostarsi per andare al lavoro.


Perché ci interessa la carbon footprint e che relazione ha con quello che mangiamo?

La produzione di cibo è responsabile per un quarto delle emissioni dei gas che contribuiscono al cosiddetto effetto serra. Tale fenomeno vede certi tipi di gas creare una sorta di cappa (come fosse una copertura di vetro) attorno alla terra; ciò permette alla luce di filtrare, ma non al calore di essere rifratto (1), e quindi di fa in modo che la superficie terrestre non si surriscaldi né si raffreddi troppo. Questo è essenziale per mantenere una temperatura più o meno stabile - e di conseguenza la vita - sulla Terra. Quando però tale effetto aumenta eccessivamente a causa di un aumento sproporzionato della quantità di questi gas - come sta succedendo ora - ci sono delle ripercussioni importanti, come lo spesso citato “riscaldamento globale”.

Per quanto riguarda il contributo a tale fenomeno però, gli alimenti non sono tutti uguali: i tempi e le risorse impiegate (economiche, tecnologiche e umane) sono diversi per ognuno.

Questo significa che l’impatto sull’ambiente varia da alimento ad alimento.

In particolare, la produzione di carni rosse e bianche è responsabile per più di metà delle emissioni dei gas serra dovute al cibo, nonostante queste rappresentino in media solo un quinto delle calorie che introduciamo con la dieta. Tra i cibi più studiati, sono soprattutto le carni di manzo e agnello ad essere fortemente inquinanti.

Inoltre dobbiamo considerare che di tutto il cibo prodotto circa il 25-30% viene perso o sprecato, e tutti questi fattori (compreso lo smaltimento di questo cibo non utilizzato) sono associati ad ulteriori emissioni di gas a effetto serra.

In generale, la crescita della popolazione e il fatto che sia aumentato il consumo per persona di cibo - oltre che la produzione di mangime per animali, legname ed energia - ha portato ad un aumento importante dell’uso del suolo. Questo è importante da considerare perchè normalmente sono le foreste ad “assorbire” questi gas in eccesso e quindi meno foreste (poiché questi terreni vengono destinati agli usi sopra descritti) significa meno capacità di tamponare questi gas.


Ma come ne risente la nostra salute? Più cibo vuol dire più persone in salute?

I dati raccolti in questi anni evidenziano che la disponibilità pro capite di oli vegetali e carne è più che raddoppiata e quella di calorie alimentari aumentata di circa un terzo; questa però è una variazione solo apparentemente positiva. Infatti questi cambiamenti hanno contribuito ad avere nel mondo circa 2 miliardi di adulti in sovrappeso o obesi mentre allo stesso tempo si stima che circa 821 milioni di persone rimangano ancora denutrite.

Avere un peso minore o maggiore dell’intervallo considerato normale significa sviluppare delle conseguenze più o meno patologiche per la propria salute, le quali possono poi influenzare l’aspettativa di vita.

Inoltre, va considerato che l’impatto che hanno a loro volta questi cambiamenti di modelli di consumo sommati ai cambiamenti climatici stessi hanno sulle riserve di cibo e acqua. Si stima infatti che l'erosione del suolo dai campi agricoli sia attualmente da 10 a più di 100 volte superiore al tasso di formazione del suolo. I cambiamenti climatici aggravano il degrado del suolo, in particolare nelle zone costiere basse, nei delta dei fiumi, nelle terre aride e nelle aree di permafrost. Nel periodo 1961-2013, l'area annuale delle terre aride affette da siccità è aumentata in media di poco più dell'1% all'anno, e più di 500 milioni di persone vivono in aree che hanno subito un processo di desertificazione e quindi inadatte ad essere usate per la coltivazione di prodotti alimentari, andando così ad alimentare il ciclo di denutrizione e scorretto uso dei terreno menzionato prima.


Concludendo possiamo dire che la scelta della qualità e quantità di cibo che noi consumiamo o anche solo acquistiamo influenza l’uso del terreno e la produzione di gas che vanno ad aumentare l’effetto serra e che dall’altra parte gli eventi avversi che si verificano a causa dell’inquinamento globale e dei cambiamenti climatici annessi influiscono sulla capacità di usare il suolo per la produzione alimentare. Un uso più consapevole del suolo e delle risorse permetterebbe quindi di ridurre questo fenomeno e i suoi effetti sul clima.


Note

(1) La rifrazione nel caso descritto è quel fenomeno per cui i raggi solari (che sono onde elettromagnetiche di "calore") vengono deviate verso direzioni diverse una volta raggiunto il “tetto della serra” dei gas; perciò, come si vede nella prima immagine, questo porta i raggi a propagarsi all'interno dello strato delimitato dai gas sopra menzionati.


Fonti


Il Team di Icaroe

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