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Gli accordi internazionali sul clima: una storia di alti e bassi (più bassi che alti)

In questo ultimo articolo della settimana proviamo a riassumere la storia recente dei vari accordi internazionali, gruppi di lavoro e i momenti più importanti che hanno contribuito - se non a far assumere ai vari governi cambiamenti significativi nelle loro agende politiche - ad aumentare la visibilità su questo tema, sensibilizzando indirettamente la popolazione generale e aiutando a far crescere il dibattito sul cambiamento climatico.


Il 1988 e L’ Intergovernmental Panel on Climate Change - IPCC

Nel 1988 due organismi delle Nazioni Unite, l'Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) ed il Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (UNEP), si riuniscono allo scopo di studiare il fenomeno del Climate Change (allora più spesso chiamato riscaldamento globale, Global Warming).

Questo Panel è diviso in 3 gruppi di lavoro, che si occupano specificamente delle basi scientifiche dei cambiamenti climatici, degli impatti di questi sui sistemi naturali e umani, e dei possibili interventi per mitigare il climate change.

L’IPCC produce periodicamente dei “rapporti di valutazione”, che costituiscono la base degli accordi mondiali quali la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e il Protocollo di Kyoto.


Gli accordi internazionali sul clima

Il primo anno in cui si parla di clima a livello di accordi internazionali è il 1992. Nel 1992 a Rio de Janeiro, in Brasile, 154 Paesi si riuniscono in quello che è passato alla storia come il “Summit della terra” (Conferenza sull’Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite). L’incontro di Rio si conclude con la Stesura della “Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici”, il cui obiettivo è ridurre le emissioni di gas serra nell’atmosfera. Questa entra in vigore nel 1994 e da allora le delegazioni dei Paesi decidono di incontrarsi annualmente in una Conferenza delle Parti (la cosiddetta COP), che si tiene per la prima volta nel 1995 a Berlino.

Gli stati firmatari dell'UNFCCC sono stati inclusi in 2 Allegati, e l’inclusione in ognuno dei 2 Allegati comporta responsabilità diverse:

  • Paesi dell'Allegato I (Paesi “industrializzati” membri dell’OECD nel 1992, i Paesi con economie in transizione e paesi ex-socialisti inclusa la Federazione Russa, gli Stati Baltici e gli Stati dell’Europa Centrale);

  • Paesi dell'Allegato II (in pratica, include i Paesi OECD dell’Allegato I, escludendo invece i paesi ex-socialisti e le economie in transizione);

  • Paesi considerati “in via di sviluppo” (dicitura oggi abbandonata).

In particolare, i Paesi dell’Allegato I si impegnano a ridurre le loro emissioni a livelli precedenti al 1990.

Questa divisione ha causato fin da subito le prime forti polemiche da parte dei Paesi inclusi negli Allegati, convinti che le differenze tra loro e i Paesi “in via di sviluppo” non fossero corrette dal punto di vista concorrenziale, e che entrambi dovessero essere costretti a ridurre le emissioni.


La COP3 e il Protocollo di Kyoto

Nel 1997, a termine della COP3, viene adottato il Protocollo di Kyoto, che vede tra i protagonisti il vicepresidente USA e Premio Nobel per la Pace Al Gore. Una gran parte dei Paesi dell’Allegato I dell’UNFCCC accettano di dover ridurre fortemente le proprie emissioni tra il 2008 e il 2012. Si tratta del primo momento nella storia in cui tutti gli Stati (esclusi USA, che inizialmente avevano invece promesso di ratificare, e Australia, che lo farà in seguito) si assumono impegni di politica nazionale per la riduzione della CO2.

Nello specifico, il trattato prevede l’obbligo di operare una riduzione delle emissioni annue di inquinanti (biossido di carbonio, metano, ossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro di zolfo), nel periodo 2008-2012 in misura non inferiore all’8,65% rispetto alle emissioni registrate nel 1990.


I passi successivi e l’accordo di Parigi

Nel 2001 a Marrakech, durante la COP7, i delegati concordano che per l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto servano almeno 55 paesi aderenti, responsabili del 55% delle emissioni di CO2 nell’atmosfera nel 1990.

Il 2013 è forse l’anno peggiore per la storia del negoziato sul clima, visto l’abbandono dei lavori da parte delle ONG, poiché i Paesi “industrializzati” non accettano di prendersi le responsabilità del mancato rispetto degli impegni sottoscritti.

Solo nel 2015 si ha un’ulteriore sterzata positiva negli accordi sul clima. A Parigi, durante la COP21, 195 Paesi firmano uno storico accordo (noto come Accordo di Parigi), in cui concordano di ridurre la loro produzione di diossido di carbonio "il più presto possibile" e di fare del loro meglio per mantenere il riscaldamento globale "ben al di sotto di 2 °C" in più rispetto ai livelli pre-industriali. L’accordo è legalmente vincolante, ma i suoi sviluppi pratici non lo sono altrettanto. Non sono previste sanzioni, e la sua forza risiede nel meccanismo di revisione periodica degli impegni dei Paesi ratificanti. I lavori sugli strumenti di attuazione dell’Accordo di Parigi sono proseguiti alla COP23, a Bonn nel 2017, occasione nella quale l’Italia ha annunciato l’uscita dal carbone entro il 2025, mentre gli Stati Uniti si sono defilati dall’accordo di Parigi su decisione del Presidente Trump.


La Prima conferenza mondiale su inquinamento e salute

Svoltasi a Ginevra nell’autunno del 2018, la prima conferenza mondiale su inquinamento e salute, organizzata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in collaborazione, tra gli altri, con le Nazioni Unite (ONU) e l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), ha portato allo sviluppo di un documento che riassume ed evidenzia:

  • i potenziali danni dell’inquinamento sulla salute;

  • le azioni da mettere in campo il prima possibile per ridurre l’inquinamento e proteggersi dai danni che esso provoca.


Il 2019, la COP25 e Fridays for Future

Pochi mesi fa si è svolta a Madrid l’ultima Conferenza delle Parti, la COP25, momento finale di un lungo processo di discussioni sul clima che ha portato, nell’anno 2019 all’esplosione del movimento Fridays for Future e alla nomina a “persona dell’anno per la rivista Time” della giovane attivista svedese Greta Thunberg. Nonostante la grandissima attenzione mediatica raggiunta dalla COP25 e le forti posizioni espresse sul Climate Change espresse da tutta la comunità scientifica, le due intense settimane di negoziati non hanno permesso ai quasi 200 Paesi partecipanti di trovare una soluzione comunee raggiungere un accordo forte in favore di una rinnovata strategia d’azione. La COP25 ha confermato la tendenza delle precedenti Conferenze delle Parti, ovvero quella a rimandare tutto all’anno successivo.


Le posizioni attuali e le prospettive

Il mondo scientifico è pressoché concorde nell’indicare il limite di +1,5 gradi di riscaldamento come un limite che potrebbe portare a catastrofi irreversibili sul piano del riscaldamento e delle sue conseguenze. Con il ritmo attuale, si stima che la temperatura globale possa aumentare di 3-4 gradi (qualcuno sostiene 5) già alla fine di questo secolo.

Con l’uscita degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi, anche India e Cina hanno rallentato il loro impegno verso la riduzione delle emissioni, sostenendo che i Paesi "industrializzati", responsabili della maggior parte delle emissioni pre-1990, non hanno tenuto fede alle promesse. Non è stato inoltre trovato nessun punto di accordo sullo specifico punto 6 degli Accordi di Parigi, quello cioè sulle emissioni di carbonio. L’Europa, insieme ad un altro piccolo gruppo di Paesi, rappresenta il blocco più ambizioso, quello che sta tentando di rispettare gli accordi e che ha presentato un piano “emissioni nette zero” da condurre in porto entro il 2050.

Anche a testimonianza di ciò riportiamo uno dei primi discorsi dell'attuale Presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen:


Our current goal of reducing our emissions by 40% by 2030 is not enough.

We must go further. We must strive for more. I will put forward a Green Deal for Europe. I will put forward the first ever European Climate Law which will set the 2050 target into law.


Il team di Icaroe


Fonti:


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