“…un approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie che si trovano ad affrontare problematiche associate a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo della sofferenza per mezzo di un’identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e di altre problematiche di natura fisica, psicologica, sociale e spirituale."
Ripartiamo da qui, la definizione OMS. Per poter garantire il mantenimento di una visione olistica nelle cure convenzionalmente erogate, il team di cure palliative deve essere composto da un vasto numero di figure, non solo strettamente sanitarie. Queste figure vengono addestrate, attraverso un processo non breve, a lavorare in equipe, con il fine ultimo di garantire al paziente un’assistenza multiprofessionale e clinico-transdisciplinare basata sul confronto continuo.
Vero è, che la possibilità di utilizzare un modello integrato permette spesso un calo di costi, sia grazie alla riduzione, se non quasi eliminazione, delle ospedalizzazioni di questi pazienti, sia grazie alla riduzione della terapia farmacologica. Tuttavia, l’obiettivo primo con cui viene applicato questo modello è quello del miglioramento degli outcomes clinici dimostrato ormai da numerosi studi.
Il team di cure palliative infine deve necessariamente relazionarsi con specialisti e medici curanti di ogni paziente, al fine di garantire un approccio strutturato, precoce ed efficace, nella gestione della malattia cronica avanzata.
Bene, ma quindi chi mi trovo in casa se li attivo? Un dottore giusto?
Il medico, fa parte del team di cure palliative così come ogni altro membro, e gestisce soprattutto la parte clinico-farmacologica (il dolore e la natura fisica del problema per ripescare la legge). Assieme agli altri membri si occupa poi della parte relazionale e sociale, e ovviamente di qualsiasi cosa abbia bisogno in quel momento il paziente. Il medico, però, non è certo la figura che vedrete più di frequente, sono infatti gli infermieri i più presenti, ottimamente addestrati a gestire al meglio le situazioni. Sulle cure infermieristiche si basano anche molti modelli di hospice e invero, le cure palliative dalla loro nascita.
Abbiamo poi la presenza di tutti gli altri operatori sanitari necessari al paziente: operatori socio-sanitari, fisioterapisti, terapisti occupazionali…
Un’altra figura di fondamentale importanza nella squadra è sicuramente lo psicologo. Il suo ruolo è certamente quello di lavorare con il paziente e la sua famiglia durante il percorso che li accompagna verso la morte, e in seguito con la sola famiglia nell'elaborazione del lutto. Tuttavia, un altro ruolo chiave di questa figura, è quella di guidare il team nell’analisi dei vissuti e nella condivisione dell’esperienza.
Beh basta no? Mi sembra fin troppa gente
Quanto descritto sopra è sicuramente la composizione che più frequentemente troverete in cure palliative, ma rispetto alla disciplina nella sua complessità ne rappresenta una piccola tessera.
Esiste nelle cure palliative la figura del bioeticista (solitamente un filosofo esperto di bioetica), che fa da guida nel dirimere discussioni di tipo etico/morale.
Esistono nelle diverse realtà, professionisti che praticano musicoterapia, agopuntura, shiatsu, osteopatia, omeopatia...
Vi sono centri che praticano pet therapy e clown terapia (e non solo centri pediatrici).
L’obiettivo fondamentale rimane uno, per tutto il team, piccolo o grande che sia: la qualità di vita del paziente e della sua famiglia, che deve essere guidata esclusivamente dalle loro scelte.
Sì ma questo team che lavora con la morte deve scoppiare prima o poi
Sicuramente l’incombere della morte è un argomento di difficile gestione da parte del team, ed è proprio qui che risulta fondamentale il lavoro di coordinamento dello psicologo di cui avevamo parlato prima.
E’ emerso da diversi studi come la lunga preparazione, il team saldo, il metodo di lavoro e la costante guida degli operatori permetta di avere un rischio di distress lavorativo non superiore a quello degli altri ambiti sanitari, se non, in alcuni casi, addirittura inferiore.
Ma la parte spirituale cosa ci sta a fare in medicina?
La parte spirituale è parte integrante nei bisogni dell’individuo, in particolare nel momento in cui si affronta la morte, e deve essere parte della sua presa in carico globale. Attenzione però al significato di spiritualità, che si allontana molto da una concezione puramente religiosa. La spiritualità in medicina palliativa è definita come qualcosa che compenetra ogni dimensione della persona. Riguarda la sua identità, i suoi valori, ciò che dà significato, speranza, fiducia e dignità alla sua esistenza e si esplicita nella relazione con sé stesso, con il prossimo e anche con quanto trascende la natura umana.
La malattia grave rappresenta una minaccia all'integrità della persona che può portare ad una condizione di sofferenza spirituale e perfino di dolore totale (“total pain”). Il cambiamento improvviso spesso caratterizza infatti il crollo dell’ identità spirituale. Essa rimette in discussione i valori e la trascendenza sino allora vissuti e tronca ogni ricerca del significato della propria vita. Inoltre mette in dubbio il valore che il paziente attribuisce alla sua dignità.
Ecco quindi che il ruolo del team di cure palliative sta anche nel tentativo di riconnettere il paziente alle risorse spirituali elaborate quando egli era in buona salute, grazie a competenze allenate a lungo.
“Vengo non so da dove; sono non so chi; muoio non so quando; vado non so dove; mi stupisco di essere lieto”. Martinus von Biberach
Dott.ssa Cecilia Preci
Fonti e risorse:
LIBRO ITALIANO DI MEDICINA E CURE PALLIATIVE terza edizione, Spoleto editore
IL CORE CURRICULUM IN CURE PALLIATIVE documento ufficiale SICP e SIMG
Burnout and Resilience After a Decade in Palliative Care: What Survivors Have to Teach Us. A Qualitative Study of Palliative Care Clinicians With More Than 10 Years of Experience, Mervyn Y.H. et al, Journal of Pain and Symptom Management, January 2020
Quando tutto è dolore. Cure palliative e sofferenza esistenziale alla fine della vita, Orsi L. e Ambroset S.
Sediamoci qui, Vacondio P.
Via di qua. Imparare a morire, Curi U.
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