Dalle prime scoperte di Miesher fino al lavoro di Watson e Crick. Grazie al contributo di molti scienziati nel corso di quasi un secolo, si giunse finalmente a comprendere la struttura del DNA.
Il DNA è una sostanza presente in ogni organismo vivente ed è il portatore di tutte le informazioni genetiche: contiene, infatti, le istruzioni necessarie agli organismi per svilupparsi, crescere, sopravvivere e riprodursi. È una lunga molecola contenente il nostro "codice" genetico, punto di partenza per il nostro sviluppo, anche se è l'interazione del DNA con le influenze dell'ambiente circostante e del nostro stile di vita a determinare in via definitiva lo sviluppo del singolo individuo.
La maggior parte del DNA si trova nel nucleo della cellula, mentre una piccola quantità la si può rintracciare anche nei mitocondri, i quali generano l'energia necessaria per il corretto funzionamento cellulare.
Il DNA è costituito da molecole note come nucleotidi. Ogni nucleotide è formato da uno zucchero, un gruppo fosfato e una base azotata (adenina, citosina, guanina e timina).
La struttura del DNA, a forma di elica a doppio filamento, ricorda l'aspetto di una scala a chiocciola.
Lo zucchero e i fosfati formano i lati lunghi della scala, mentre le basi azotate rappresentano, nella nostra metafora, i pioli della scala. Ogni gradino è costituito da due basi azotate che si accoppiano per formare un gradino completo, tenendo assieme i lunghi filamenti di nucleotidi.
Ricorda, ci sono quattro tipi di basi azotate che si accoppiano in modo specifico: l'adenina con la timina e la guanina con la citosina.
L'ordine con cui le basi azotate sono ordinate nelle sequenze di DNA forma i geni.
Un segmento di DNA che trasporta delle informazioni è quindi chiamato gene. I geni determinano la natura fondamentale di tutti gli esseri viventi, compresi gli esseri umani. Nello specifico, i geni trasportano le informazioni per la produzione di proteine, le molecole che compongono la maggior parte del nostro corpo.
Quando Watson e Crick descrissero la struttura del DNA, aprirono le porte all’avvento della biologia molecolare, un campo del tutto nuovo. I nomi dei due scienziati saranno ricordati insieme per sempre tanto da non poter menzionare Watson senza citare il compagno Crick: qualche anno dopo la rivoluzionaria scoperta, quando Watson fu presentato ad un nuovo collega di laboratorio, questi esclamò: "Solo Watson? Ero convinto che il suo nome fosse Watson-Crick!”
In realtà, la storia è un po’ diversa da come la si è sempre raccontata: la scoperta del DNA, infatti, non è avvenuta nel giro di un paio di anni, bensì grazie alle informazioni e agli studi che si sono succeduti per quasi un secolo e che solo infine sono culminati nella struttura poi descritta dai due più famosi ricercatori e vincitori del Nobel.
Il DNA fu identificato nel corso degli anni a partire dalla scoperta di Miescher, alla quale seguirono quelle di Phoebus Levene e Erwin Chargaff. Essi condussero una serie di ricerche che li portarono alla scoperta dei componenti primari della molecola di DNA.
Come già accennato, quindi, furono molti gli scienziati che si alternarono, nel corso degli anni, nello studio della decodifica del codice genetico. Alcuni furono diretti concorrenti della coppia più celebre, altri invece si unirono in corsa agli esperimenti di Watson e Crick, ma tutti hanno in qualche modo contribuito nel preparare il terreno per ciò che sarebbe arrivato in seguito. Senza le basi scientifiche fornite da tutti loro, infatti, Watson e Crick non sarebbero mai giunti alla scoperta rivoluzionaria del 1953: ovvero che la molecola di DNA esiste sotto forma di doppia elica tridimensionale.
La prima volta che si iniziò a parlare di una sostanza presente nel nucleo cellulare fu nel 1869, grazie al lavoro di Miescher che, per primo, riuscì ad identificare quello che poi egli stesso definì nucleina e che successivamente verrà chiamato prima acido nucleico ed infine acido desossiribonucleico.
Miesher, in realtà, non aveva formulato alcuna ipotesi riguardo all’esistenza del DNA, essendo alla ricerca delle componenti proteiche del nucleo cellulare dei leucociti (i globuli bianchi). Per procurarsi il materiale, si fece inviare dalle cliniche ospedaliere del vicinato bende contenenti pus dei pazienti ed una volta ricevute, le lavò, ne estrasse i leucociti e cercò di identificare le proteine presenti nel nucleo. Quello in cui si imbatté fu completamente diverso: nei nuclei delle cellule trovò una sostanza che non aveva nulla a che fare con le proteine e che aveva un altissimo contenuto di fosforo. Capì di essere di fronte ad una nuova sostanza, qualcosa di sconosciuto fino ad allora e che definì come nucleine.
La sua scoperta, tuttavia, non fece scalpore all’epoca, anzi passò in secondo piano ed il nome di Miesher non fu nominato per più di 50 anni, fino a quando Chargaff dichiarò che la scoperta fatta dal chimico svizzero fu unica nel suo genere, perché grazie a lui possiamo dare esattamente un tempo ed un luogo alla prima volta in cui un essere umano osservò il DNA.
Nel frattempo, altri scienziati continuarono a cercare di capire la natura della molecola che iniziava ad essere nota come nucleina. Tra di loro ci fu il vincitore del Premio Nobel e biochimico tedesco Albrecht Kossel, al quale è attribuito il nome di DNA e che capì che la nucleina era in realtà un acido, che chiamò acido nucleico. Riuscì anche ad isolare le cinque basi azotate che ora sono considerate gli elementi costitutivi di base del DNA e dell’RNA. Successivamente, fu grazie allo scienziato, biochimico e medico russo Phoebus Levene, che si riuscì a determinare l’ordine e la disposizione dei tre componenti del nucleotide (fosfato-zucchero-base azotata) e a scoprire che lo zucchero era il ribosio.
Nessuno scienziato però era ancora riuscito a capire, fino a quel momento, come fossero disposti nello spazio i singoli componenti che formano il DNA.
Esistevano moltissimi metodi alternativi con i quali i vari componenti avrebbero potuto combinarsi tra loro e diversi scienziati avanzarono delle proposte, cercando di costruire i modelli.
Il modello di Levene fu l’unico a rivelarsi più simile a quello corretto, anche se subì alcune modifiche nel corso degli anni.
Sulla base delle sue ricerche, Levene propose che gli acidi nucleici fossero composti da una serie di nucleotidi e che ogni nucleotide fosse a sua volta composto da una delle quattro basi azotate, da una molecola di zucchero e da un gruppo fosfato. Lo scienziato pensava dunque che la struttura base fosse tetranucleotidica, con gli acidi nucleici sempre collegati nello stesso ordine (Guanina-Citosina-Timina-Adenina). La struttura proposta era eccessivamente semplice, ma comunque accurata sotto molti altri aspetti.
Un altro scienziato che consentì di fare un passo nella giusta direzione fu Erwin Chargaff, uno dei pochi che decise di proseguire ed ampliare gli studi ed il lavoro di Levene, arricchendo di ulteriori dettagli la struttura del DNA già teorizzata ed aprendo così ulteriormente la strada a Watson e Crick.
Chargaff, biochimico austriaco, aveva letto il famoso articolo del 1944 di Oswald Avery, il quale era riuscito a dimostrare come i geni fossero composti da DNA. Questo lavoro fu di fondamentale importanza per Chargaff, perché lo spinse ad intraprendere una serie di ricerche che approfondirono la struttura chimica degli acidi nucleici. Chargaff aveva infatti intuito che esistesse una chimica nell’ereditarietà e che Avery era riuscito a scoprire una sorta di dizionario universale, un modo per riuscire a tradurre quello che era presente all’interno del codice genetico.
Come prima cosa, Chargaff decise di capire se ci fossero delle differenze tra i DNA di specie diverse, attraverso il metodo della cromatografia. A tal proposito, fece due scoperte fondamentali: prima di tutto, notò che la composizione dei nucleotidi del DNA varia tra le specie (i nucleotidi sono sempre gli stessi, ma si ripetono in ordine diverso, proprio come suggerito da Levene anni prima).
In secondo luogo, notò che che quasi tutto il DNA, indipendentemente dal tipo di tessuto da cui proviene, mantiene determinate proprietà, anche se la sua composizione varia. In particolare, la quantità di adenina (A) è solitamente simile alla quantità di timina, mentre la quantità di guanina è simile alla quantità di citosina. Per dirla in altre parole, la quantità totale di purine (A + G) e la quantità totale di pirimidine (C + T) sono generalmente quasi uguali. Questa scoperta, nota come la regola di Chargaff, fu fondamentale per tutte quelle a venire ed è ancora oggi imprescindibile per lo studio del DNA.
La ricerca del biochimico austriaco fu dunque utile per il lavoro di Watson e Crick, perché consentì loro di avere una base di partenza per capire i legami tra i vari pioli che compongono la scala a doppia elica del DNA.
Per giungere alla scoperta del modello a doppia elica, però, dobbiamo fare un salto agli inizi degli anni Cinquanta, quando entrarono in gioco il biologo americano James Watson e il fisico britannico Francis Crick. Furono i primi a tagliare il traguardo in questa "gara" scientifica, alla quale parteciparono altri come Linus Pauling (che scoprì la struttura secondaria delle proteine) e Rosalind Franklin.
In realtà, i due scienziati non condussero dei veri e propri nuovi esperimenti in laboratorio, per lo più raccolsero e analizzarono pezzi di dati esistenti, associandoli alle loro conoscenze.
Alcuni dei loro indizi più cruciali sulla struttura del DNA provenivano da Rosalind Franklin, una chimica che lavorava nel laboratorio del fisico Maurice Wilkins. La Franklin era esperta in una tecnica molto particolare che veniva utilizzata per determinare la struttura delle molecole, nota come cristallografia a raggi X. Quando la forma cristallizzata di una molecola, ad esempio il DNA, viene esposta ai raggi X, alcuni di questi raggi deviano dal loro percorso perché incontrano gli atomi presenti nel cristallo, formando quindi uno schema di diffrazione che fornisce indizi sulla struttura della molecola.
Fu la cristallografia di Franklin a fornire a Watson e Crick importanti indizi sulla struttura del DNA. Fondamentale per la teoria poi sviluppata dai due scienziati fu la cosiddetta "immagine 51", un fotogramma ottenuto grazie alla diffrazione dei raggi X sul DNA, straordinariamente chiara e sorprendente prodotta da Franklin e da Gosling, un altro studente del team di Wilkins.
La storia, giunti a questo punto, si complica: secondo diverse versioni Watson e Crick erano stati diffidati dal direttore del loro laboratorio a continuare le loro ricerche sul DNA, proprio per evitare di pestare i piedi a Wilkins e Franklin. Pare inoltre che non avessero i permessi per poter osservare la famosa "immagine 51". Tuttavia, i due ignorano il divieto e utilizzarono senza riserve i risultati del laboratorio di Franklin.
A partire dal modello di diffrazione a forma di X dell'immagine di Franklin, Watson ebbe un’intuizione. Inoltre, Linus Pauling, allora il principale chimico fisico del mondo, aveva da poco scoperto l'alfa elica a singolo filamento, una struttura che si trova in molte proteine, spingendo i biologi a pensare a forme elicoidali.
C’è anche da considerare che Crick e Watson temevano di essere messi in ombra da Pauling, che nel febbraio 1953 propose il proprio modello di DNA, sebbene la sua struttura elicoidale a tre eliche si rivelò presto errata.
I tempi erano quindi maturi e volevano affrettarsi per poter arrivare primi in questa folle corsa. Dopo diversi tentativi falliti di costruzione di modelli, inclusa la loro sfortunata versione a tre filamenti e una in cui le basi erano accoppiate in maniera errata, arrivò la svolta.
Jerry Donohue, chimico-fisico in visita dagli Stati Uniti che condivise l'ufficio di Watson e Crick per un breve periodo, fece notare che la forma con cui erano rappresentate timina e guanina nella maggior parte dei libri di testo di chimica non era corretta. Il 28 febbraio 1953 Watson, proprio su consiglio di Donohue, pose le due basi nella loro forma corretta e si rese conto che l’adenina, quando unita alla timina, combaciava come forma in maniera perfetta alla combinazione della coppia Citosina - Guanina. Questa scoperta, insieme alle già conosciute regole di Chargaff, consentì loro di arrivare alla soluzione: le basi erano collegate tra loro a formare una serie di pioli di una scala che si avvolgeva attorno a un asse comune. Queste caratteristiche strutturali confermavano quanto già visto dalle prove a raggi X.
La prima cosa che fecero dopo la scoperta fu andare all’Eagle Pub di Cambridge, dove erano soliti riunirsi assieme dopo il lavoro, presso il quale Crick affermò “Abbiamo scoperto il segreto della vita” e offrì da bere a tutti i presenti.
Watson e Crick pubblicarono la loro scoperte in un articolo dal titolo "A Structure for Deoxyribose Nucleic Acid", sul settimanale scientifico britannico Nature, il 25 aprile 1953, illustrato con un disegno schematico della doppia elica disegnato dalla moglie di Crick, Odile. L’immagine ritraeva due filamenti con uno scheletro formato da molecole di zucchero (il desossiribosio), unite tra loro da molecole di acido fosforico e avvolte intorno a un asse centrale, disegnando così un’elica.
L’articolo uscì insieme ad altri due: “Molecular Structure of Deoxypentose Nucleic Acids” di Maurice Wilkins, Alex Stokes e Herbert Wilson e “Molecular Configuration in Sodium Thymonucleate” di Rosalind Franklin e Raymond Gosling. Questi tre articoli messi insieme risolsero un enigma che attanagliava i biologi di tutto il mondo da quasi un secolo.
Dopo circa dieci anni, nel 1962, J. Watson e F. Crick, insieme a M. Wilkins, responsabile del laboratorio del King’s College London in cui avvenne la scoperta della "immagine 51", vennero insigniti del Premio Nobel per la Medicina.
Nonostante l’importanza rivestita ed il ruolo avuto nella vicenda, tale riconoscimento non fu mai ricevuto da Franklin. La ricercatrice inglese morì prematuramente nel 1958, all’età di 38 anni, a causa di un tumore ovarico probabilmente provocato dal massiccio utilizzo di raggi X.
La vicenda genera ancora molte controversie: il lavoro sperimentale di Franklin si rivelò infatti cruciale per scoperta di Watson e Crick, tuttavia le venne dato scarso riconoscimento. Dal canto suo, Franklin ammise sempre di non provare risentimento nei loro confronti. Aveva persino presentato pubblicamente i suoi risultati a un seminario al quale invitò anche i due colleghi.
Ben presto la scienziata lasciò la ricerca sul DNA per studiare il virus del mosaico del tabacco. Divenne amica sia di Watson sia di Crick e trascorse il suo ultimo periodo di remissione dal cancro ovarico a casa di Crick. Crick stesso continuò a sostenere che lui e Watson avevano fatto un uso appropriato delle sue prove, pur ammettendo che il loro atteggiamento condiscendente nei confronti di Franklin riflette le convenzioni di genere nella scienza in vigore all’epoca, cosa che emerge da The Double Helix, libro pubblicato da Watson pochi anni dopo la scoperta.
Emanuele Zola
Fonti:
"Francis Crick and James Watson and the Building Blocks of Life" by Edward Edelson
"Chemical specificity of nucleic acids and mechanism of their enzymatic degradation" by Chargaff
"Discovering DNA: Friedrich Miescher and the early years of nucleic acid research" by R.Dahm
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