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Le cure palliative: un mantello per proteggere

Le cure palliative in Italia




Le cure palliative hanno una storia piuttosto remota, già nel medioevo infatti, esistevano luoghi che si ponevano l’obiettivo di assistere fisicamente e spiritualmente i malati in punto di morte, in una prima fase all’interno dei monasteri e successivamente negli ospizi.


Il concetto moderno di cure palliative, tuttavia, nasce a metà del XIX secolo quando Mary Aikehenhead, una suora Irlandese, fonda a Dublino Our Lady Hospice, si consolida poi il 13 Luglio 1967 quando Cicely Saunders inaugura il St Christopher Hospice.

Si scelse la parola latina “pallium” ovvero mantello come metafora di protezione, derivante in particolare dall’icona di San Martino.

La Dott.ssa Saunders fu capace con il suo hospice di creare un modello, fondato sulla multidisciplinarietà, che divenne poi valido in tutta Europa e pian piano in tutto il mondo occidentale.

In Italia la nascita delle cure palliative si può collocare in un periodo compreso tra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta del novecento, ed in particolare a Milano all’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori.

Per lungo tempo le cure palliative sono state erogate e gestite solamente da associazioni ed enti del terzo settore, tuttavia ad oggi la loro grande crescita è dovuta all’intervento delle Istituzioni, ed in particolare al loro inserimento nei LEA (i livelli essenziali di assistenza) con DPR del 2017.


Ma cosa sono le cure palliative?

L’ultima definizione dell’OMS le definisce come: “un approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie che si trovano ad affrontare problematiche associate a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo della sofferenza per mezzo di un’identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e di altre problematiche di natura fisica, psicologica, sociale e spirituale."


Sono di fatto cure rivolte a tutti coloro che sono colpiti da una malattia in fase avanzata e con prognosi limitata. Questo non significa che possono essere fatte solo nel breve termine, anzi, numerosi studi hanno sottolineato come un inizio precoce delle cure palliative, anche in contemporanea allo svolgimento di altre terapie, sia in grado di allungare la vita del paziente, ma soprattutto di migliorane la qualità, obiettivo ultimo e fondamentale di questa disciplina.

Chi ha avuto o avrà nella sua vita una qualsiasi esperienza con le cure palliative, sentirà spesso parlare di “to care”, prendersi cura o prendersi carico, che nello studio di questa disciplina si differenzia da “to cure” inteso come limitato al curare. Questo perché nelle cure palliative l’intero team multidisciplinare si farà carico del malato e della sua famiglia, definendo insieme a questi le priorità fondamentali.





Chi può essere candidato alle cure palliative?

A differenza di quanto l’opinione pubblica è solita pensare, e come evidenziato anche nella definizione dell’OMS, le cure palliative non sono solo per malati oncologici, che attualmente sono per altro la minoranza di pazienti che ne necessitano, ma sono rivolte a tutti coloro che ne hanno bisogno. In particolare ai pazienti affetti da malattie cardiovascolari (in gran parte insufficienze cardiache croniche), da malattie neurologiche (come le demenze), nefrologiche, da malattie ereditarie (anche bambini e adolescenti)...

Si stima che in italia i nuovi malati bisognosi di cure palliative si attestano attualmente circa attorno ai 300.000 all’anno.


Come sono regolamentate nel nostro paese?

Vi è una legge, la 38/2010, che definisce cosa sono le cure palliative e sancisce di fatto il diritto dei malati ad usufruirne. All’articolo 2-Definizioni, questa legge recita “l'insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un'inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici”, che come potete notare è sostanzialmente coincidente con la definizione data dall’OMS.

Altre leggi sono poi intervenute nella regolamentazione dell’erogazione di cure palliative o percorsi di fine vita tra cui la 219/2017, la famosa legge sul “testamento biologico”, o come sarebbe più corretto chiamarla, sulle disposizioni anticipate di trattamento.


Dove si fanno le cure palliative?

Le cure palliative non si fanno solo in hospice, e non si fanno solo in ospedale. Ma soprattutto a casa e precocemente, come indicato precedentemente.

Il domicilio, quando possibile e sostenibile, è il luogo ideale per l’erogazione del care, in italia esistono centinaia di unità di cure palliative domiciliari, attivabili dal medico di medicina generale o dagli specialisti ospedalieri, che si prendono cura del paziente e della famiglia a casa loro.

Quando invece i problemi gestionali, clinici o fisici del paziente non lo consentono, le cure palliative vengono erogate soprattutto negli hospice, circa 284 in italia ad oggi.

Ma esistono anche servizi di consulenza in ospedale e Nuclei di Cure Palliative all’interno dei reparti ospedalieri.


Ma le cure palliative comprendono anche l’eutanasia?

L’eutanasia in Italia non è prevista né permessa da nessuna legge. Una differenza da sottolineare è sicuramente quella con il suicidio assistito, altresì non permesso, di cui avrete sicuramente sentito parlare tramite il caso di Dj Fabo. Attualmente è appunto la Svizzera, che con associazioni private come EXIT o Dignitas, ne permette l’esecuzione.

Tuttavia grazie alla legge 219/2017 è stata resa possibile in Italia la sospensione di trattamenti finalizzati al mantenimento in vita di soggetti non in grado di vivere autonomamente. Scendendo nel pratico, un paziente con malattia neurologica, attaccato ad un respiratore per vivere, se decidesse di non voler più continuare il trattamento, potrebbe esprimere il suo desiderio che deve essere rispettato.

Le cure palliative, infine, comprendono la possibilità al termine della vita, qualora le sofferenze fossero insopportabili, di praticare sul malato la sedazione palliativa. Questa non accorcia in alcun modo la vita (e non si può quindi chiamare eutanasia), ma porta il paziente ad una situazione di perdita di coscienza allo scopo di ridurre o abolire la percezione dei sintomi.


Ma è giusto sapere di dover morire?

Il problema non è tanto quello di dire o non dire la verità, quanto piuttosto quello di condividerla. Le cure palliative fanno paura perché nella nostra cultura raffrontarsi con la morte è quasi un tabù: la diretta conseguenza è “la congiura del silenzio”, ovvero il silenzio verso il malato che aggrava il senso di isolamento ed il dolore.

Le cure palliative, invece, si pongono come obiettivo necessario il dare la possibilità al malato di sapere, fornendogli un clima chiaro, leale e di libertà decisionale. Libertà comunque non significa obbligo e chiunque deve poter autonomamente decidere di sapere o non sapere.


Dott.ssa Cecilia Preci



Fonti e risorse:

LIBRO ITALIANO DI MEDICINA E CURE PALLIATIVE terza edizione, Spoleto editore

Legge 15 Marzo 2010, n.38 pubblicata in gazzetta ufficiale 19 marzo 2010, n. 65

WHO, Palliative Care: the WHO’s global perspective, Sepulveda C. et al, Journal of Pain and Symptom Management 2002

Oxford textbook of palliative medicine, Doyle D. et al, New York: Oxford University Press, 2nd ed 1998

IL CONSENSO INFORMATO IN CURE PALLIATIVE documento SICP

Bioetica tra “morali” e diritto, Borsellino P., Zadig, Milano 2009

Vegliate con me. Hospice: un'ispirazione per la cura della vita, Sunders C.

La morte e il morire, Kubler Ross E.



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