Unica donna ad aver vinto più di un premio Nobel, e prima persona in assoluto a vincerlo in due aree diverse (fisica e chimica), fu anche la prima donna a insegnare alla Sorbona, prestigiosa università di Parigi.
La vita
Marya Salomee Sklodowska nasce a Varsavia il 7 novembre 1867. Figlia di due insegnanti, Wladyslaw e Bronislava, è l’ultima di cinque fratelli. Marie ha una mente brillante e curiosa e la scuola è il suo ambiente naturale; inoltre, dal padre Wladyslaw eredita la passione per la ricerca, per la fisica e la chimica.
Le difficoltà nella vita della piccola Marie non si fanno però attendere. Nel 1874 perde prima la madre e poi la sorella maggiore a causa del tifo. Il doppio lutto la segna profondamente e la bambina, cresciuta in una famiglia cattolica, scivola in una profonda tristezza e si ripromette di abbandonare per sempre ogni forma credo religioso.
Anche gli studi le vengono preclusi: nonostante fosse una delle migliori studentesse della sua classe, Marie non ebbe modo di proseguire il normale percorso scolastico ed accademico: all’epoca, infatti, la Polonia era sotto il controllo russo e ciò rendeva impossibile alle donne accedere a qualsiasi tipo di istruzione superiore. Frequentare l'università era, infatti, un privilegio riservato ai soli uomini di Varsavia. Marie però non si perse d’animo e decise di continuare la sua educazione all’“università galleggiante” di Varsavia, che consisteva in un insieme di lezioni e corsi “sotterranei” e informali, tenuti in segreto, ma ai quali tutti potevano assistere. Sebbene la situazione non la soddisfacesse appieno, era l’unico modo grazie il quale avrebbe potuto ricevere un’istruzione. La svolta arrivò poco tempo dopo.
Sia Marie, sia sua sorella Bronya, sognavano di andare all'estero per poter imparare alla luce del sole e conseguire una laurea ufficiale, che consentisse quindi loro di affermarsi in un mondo che continuava ad ostacolarle in quanto donne.
Purtroppo, però, le risorse finanziarie a disposizione, per pagare la loro istruzione, erano limitate. Marie tuttavia non si perse d’animo e strinse un patto con la sorella: Marie stessa avrebbe lavorato per sostenere Bronya mentre frequentava l’Università di Medicina a Parigi e Bronya le avrebbe restituito il favore dopo aver completato gli studi. Fu così che Marie trovò un impiego in qualità di tutor e governante e per cinque anni rimase in Polonia a lavorare strenuamente. I pochi momenti liberi li sfruttava per studiare, leggere ed approfondire le sue conoscenze in fisica, chimica e matematica.
La sua vita proseguì così fino al 1891, quando Bronya conseguì la laurea e giunse il tanto atteso momento di iniziare studi gli studi universitari. Marie si trasferì quindi a Parigi, all’età di 24 anni, senza conoscere una sola parola di francese, per studiare alla Sorbona.
La giovane si gettò a capofitto negli studi, ma quella dedizione ebbe un costo: i soldi iniziarono a scarseggiare e Marie era costretta a vivere con pochissimo. I suoi pasti erano per lo più a base di tè, pane imburrato e poco altro. Fu un periodo estremamente difficile: era malnutrita e sveniva addirittura per gli stenti. Ma la sua ossessione per gli studi, la sua testardaggine e la sua caparbietà le consentirono di conseguire la Laurea in Fisica nel 1893 e, l’anno successivo, in Matematica.
Dopodiché, secondo i suoi piani, avrebbe fatto ritorno a Varsavia per diventare insegnante.
L’incontro con Pierre Curie e le scoperte
Marie ottenne una borsa di studio alla Sorbona per studiare le proprietà magnetiche dell’acciaio. Aveva però bisogno di un posto presso il quale lavorare e così un collega le consigliò di recarsi presso lo studio di Pierre Curie, fisico di fama internazionale, già noto per la scoperta della piezoelettricità, merito che condivideva con il fratello Jaques.
Marie e Pierre, dopo aver lavorato insieme per un certo periodo, si innamorarono e si sposarono a Sceaux, in Francia, nel 1895. In dono ricevettero due biciclette con le quali partirono per un tour di tre mesi in giro per l'Europa.
Al ritorno si rimisero subito al lavoro, inizialmente su progetti separati ma, dopo la scoperta della radioattività, Pierre si dedicò insieme alla moglie allo studio del nuovo fenomeno.
Nel 1897 ebbero la loro prima figlia, Irène, che diventerà la seconda donna della storia a ricevere il Nobel per la chimica, nel 1935; nel 1904 arrivò la loro seconda bambina, Eve, che si dedicò alla scrittura e che divenne autrice di molte biografie dedicate alla madre, tra le quali Madame Curie, dal quale è stato estrapolato un biopic cinematografico.
Marie era inoltre estremamente affascinata dal lavoro di Henri Becquerel, un fisico francese che solo poco tempo prima aveva scoperto che l’uranio era in grado di emettere raggi leggermente più deboli dei raggi-X di Roentgen, ma comunque in grado di impressionare una lastra fotografica.
Marie decise di portare avanti le ricerche del fisico francese sulla fosforescenza dei sali di uranio grazie a uno strumento inventato e perfezionato proprio dal marito: l’elettrometro. Condusse quindi diversi esperimenti e scoprì che questi raggi rimanevano costanti e sempre presenti, indipendentemente dalle condizioni dell’esperimento e da qualsiasi procedura chimica tentata. Teorizzò allora che questi dipendessero dalla struttura atomica dell’elemento, sconvolgendo completamente le credenze dell’epoca e gettando le basi per quella che sarebbe poi stata definita come fisica atomica. Coniò inoltre un nuovo termine per riferirsi a questo fenomeno: la radioattività.
Dopo questa scoperta, anche Pierre decise di prendere parte alle ricerche della moglie: lavorando senza sosta, la coppia riuscì a scoprire che ad essere radioattivi non erano solo l'uranio e i suoi composti, ma anche un minerale grezzo, la pechblenda, da tempo nota ai minatori. Questa sostanza risultava essere decisamente più radioattiva rispetto al suo contenuto di uranio.
Fu così che, nell’estate del 1898, Marie e Pierre identificarono una sostanza 300 volte più radioattiva dell’uranio, alla quale diedero il nome di polonio, dal paese natio di Marie, la Polonia. Le scoperte non si fermano qui: nel dicembre dello stesso anno, i Curie informarono l'Accademia delle Scienze di aver scoperto un'altra sostanza, con una radioattività di quasi 900 volte maggiore rispetto all’uranio: il radio.
Bisognava solo più isolare queste sostanze.
I coniugi Curie si adoperano per accumulare più pechblenda possibile e per quattro anni si dedicano senza sosta a questo lavoro, mescolando per ore pentoloni bollenti contenenti oltre 20 kg di materiale radioattivo alla volta. Dopo quattro anni di lavoro ed oltre 10 tonnellate di materiale radioattivo lavorato riuscirono, nel giugno del 1903, ad isolare il radio, che venne quindi presentato al mondo intero. Fu nel corso di quell’anno che i coniugi ricevettero il premio Nobel per la Fisica per le ricerche sui fenomeni radioattivi, premio condiviso anche con Henri Becquerel che aveva scoperto inizialmente la proprietà dei sali di uranio come fonte di radiazioni.
I Curie, convinti del valore della loro scoperta e dell’importanza che questa avrebbe avuto per il mondo intero, decisero di non brevettarla, facendo sì che rimanesse a disposizione della comunità scientifica per altre ricerche.
Purtroppo, nell’aprile del 1906, Pierre venne investito e ucciso da un carro a Parigi, mentre attraversava la strada. Marie rimase quindi sola con le figlie Irène, di nove anni, ed Eve, di due anni. All’età di 38 anni le venne chiesto di prendere il posto del marito e, così, divenne la prima donna a insegnare alla Sorbona. La sua prima lezione iniziò proprio da dove era finita l'ultima di Pierre.
L’assenza del marito si fece però sentire con sempre maggiore intensità e, per distrarsi, decise di aumentare ulteriormente il carico di lavoro, rinchiudendosi in laboratorio per molte ore, spesso fino a notte fonda. Decise poi di delegare al padre di Pierre per i due anni successivi la cura delle figlie, che verrano seguite privatamente a casa da un gruppo di amici di Marie, tutti professori presso la Sorbona. Per Irène, questa situazione fu probabilmente il trampolino di lancio verso il Nobel.
Nel 1911 Marie venne candidata per il secondo Nobel, per la scoperta di radio e polonio. La situazione, però, non versava molto in suo favore: il clima era teso e l’Accademia delle Scienze arriva a scartare la sua candidatura perché, in un clima maschilista e razzista, attribuendo tutte le scoperte al marito. Fece inoltre capolino uno scandalo, che vedeva la scienziata coinvolta in una presunta relazione con il fisico Paul Langevin, ex studente del marito, sposato e con figli.
La questione investì l'intero mondo accademico, Marie venne descritta come una sfascia famiglie, fu costretta a nascondersi dal mondo esterno e anche le figlie vennero più volte coinvolte nella situazione, vedendosi costrette a rinchiudersi in casa.
Il Nobel le venne comunque assegnato, ma il Comitato le chiese di non prendere parte alla cerimonia per non creare ulteriore imbarazzo. Marie, ovviamente, si rifiutò di rimanere nell'ombra e si recò a Stoccolma dove pronunciò il suo discoro di accettazione del premio, rivendicando tutti i suoi meriti e il contributo centrale di Pierre.
A quel punto, continuamente maltrattata e sbeffeggiata, nonostante la sua incredibile forza d’animo, cadde in una profonda depressione dalla quale si riprese dopo quasi due anni, grazie all’aiuto degli amici e di quella parte del mondo accademico rimastole vicino. Tra di loro spicca anche la presenza di Albert Einstein che, venuto a conoscenza della situazione, le scrisse una lettera di profonda stima e sostegno.
Nel 1914 venne inaugurato il Laboratorio Curie a Parigi e, allo scoppio della Grande Guerra, la scienziata si offrì volontaria insieme alla figlia, aiutando i soldati e restando in prima linea per tutti gli anni di guerra: attrezzò 21 camion con una strumentazioni a raggi-X; fece scorta di lastre fotografiche e di ampolle contenenti radon; costruì quelle che divennero le prime unità mobili di soccorso radiografico utilizzate negli ospedali da campo (una di quelle la guidò di persona, con tanto di fascia della Croce Rossa al braccio).
Inoltre, fu la stessa Curie a istruire il personale di soccorso su come eseguire le radiografie e su come interpretarle, cambiando radicalmente l’approccio a questo tipo di emergenze e migliorando la pratica delle amputazioni, da sempre disordinata e casuale.
Alla fine della guerra, grazie al lavoro della giornalista americana Marie Maloney, il nome della Curie venne completamente riabilitato e la scienziata venne invitata a compiere un tour per tutti gli Stati Uniti, durante il quale venne indicata come la persona in grado di curare il cancro grazie alle sue scoperte. Il tour fu un successo e Marie riuscì a raccogliere i fondi necessari per proseguire le sue ricerche.
Il 4 luglio del 1934, a 67 anni, Marie Curie morì di anemia aplastica: il suo lavoro e lo stretto contatto con elementi radioattivi avevano messo a dura prova il suo midollo osseo, che aveva cessato di funzionare correttamente. I coniugi Curie, infatti, erano famosi per la loro abitudine di girare con fiale di radio e polonio in tasca, che riponevano poi nei cassetti della scrivania.
Tutti i manoscritti, i mobili della loro casa, i libri e le stoviglie sono tutt’oggi radioattivi e, proprio per questo motivo, chi desidera consultare la collezione di Pierre e Marie Curie conservata presso la Biblioteca Nazionale di Parigi, deve utilizzare abiti protettivi e firmare una liberatoria.
L’amore per il suo lavoro e le sue scoperte avvolse Marie Curie fino alla fine, tant’è che non riuscì mai ad ammettere che fu proprio il suo amato radio ad essere la causa della sua morte.
Emanuele Zola
Fonti:
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