In Italia si è cominciato a parlare di medicina di genere solamente in tempi recentissimi, indicativamente a partire dal 2009; la discussione in merito è stata avviata grazie al fondamentale contributo del Ministero della Salute e del Ministero delle Pari Opportunità, che sono stati sostenuti nella loro battaglia per l’affermazione della medicina di genere nel “bel Paese” dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AgeNaS) e dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Quest’ultimo, dopo aver istituito nel 2011 un gruppo di lavoro sulla medicina di genere presso il Dipartimento del Farmaco, ha promosso l’istituzione nel 2017 del Centro nazionale di riferimento per la medicina di genere: si tratta di una struttura unica nel contesto europeo, la quale si propone di promuovere, con il tramite della medicina di genere, una maggior appropriatezza e personalizzazione delle cure che nel lungo periodo dovrebbe portare anche ad un risparmio economico per il Sistema Sanitario Nazionale (SSN); questa struttura si articola in un reparto di “Fisiopatologia genere-specifica” e in un reparto di “Prevenzione e salute di genere” e agisce su tre diversi fronti:
Promozione di attività di informazione e divulgazione presso i lavoratori dell’ambito della salute e presso la popolazione generale;
Sviluppo di una rete tra le istituzioni che in Italia si occupano di medicina di genere;
Promozione della ricerca sulle basi fisiopatologiche delle differenze dettate da sesso e genere nel contesto delle patologie note.
A seguito della fondazione del Centro nazionale di riferimento per la medicina di genere è stato possibile anche dare avvio ad una rete italiana sulla medicina di genere, di cui fanno parte, oltre all’Istituto Superiore di Sanità (ISS) che ne costituisce lo zoccolo duro, anche il Gruppo Italiano di Salute e Genere (GISeG), Università, Federazioni mediche, Società scientifiche e Associazioni scientifiche – tra queste si annoverano in particolare la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO), la Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti (FADOI), la Fondazione Giovanni Lorenzini, l’Osservatorio Nazionale della salute della Donna (O.N.Da), la Società Italiana di Medicina Genere e delle Cure Primarie (SIMMG), l’Associazione Italiana Donne Medico (AIDM), l’Associazione Mogli di Medici Italiani (AMMI) e l’Unione Donne Italiane (UDI). Una colonna portante, assieme a Istituto Superiore di Sanità (ISS) e Gruppo Italiano di Salute e Genere (GISeG), della rete italiana sulla medicina di genere è sicuramente il Centro Studi Nazionale su Salute e Medicina di genere, fondato nel 2009 da nove professionisti della salute di origine padovana e milanese, con la collaborazione dell’Università degli Studi di Padova e della Fondazione Giovanni Lorenzini. Tale istituzione ha sede a Padova e fa parte dell’International Society for Gender Medicine (IGM), di cui costituisce il rappresentante sul territorio italiano, fungendo da ponte tra questa istituzione e tutte le realtà italiane che si occupano di medicina di genere. Negli anni, il Centro Studi Nazionale su Salute e Medicina di genere ha promosso sull’intero territorio nazionale conferenze, convegni, corsi, partecipazioni a sedute dedicate alla medicina di genere delle varie Società Scientifiche e incontri con decisori politici ed inoltre ha favorito la formazione di collegamenti e interazioni virtuose con varie realtà italiane che si occupano di medicina di genere in qualunque sua forma; all’incirca ogni 2-3 anni organizza un Congresso Nazionale sulla Medicina di genere, il primo dei quali si è svolto a Padova nel 2009. Il Centro Studi Nazionale su Salute e Medicina di genere promuove inoltre dei bandi per borse di studio destinate a giovani ricercatori che si dedicano allo studio della medicina di genere oppure della farmacologia di genere. Tramite il sito del Centro Studi Nazionale su Salute e Medicina di genere (http://www.centrostudinazionalesalutemedicinadigenere.it) è possibile reperire tutti gli aggiornamenti sullo sviluppo della medicina di genere in Italia e nel Mondo, oltre che degli spunti di riflessione sul tema che comprendono la newsletter della rete italiana sulla medicina di genere, iniziativa trimestrale in cui sono condensati informazioni e approfondimenti sul tema.
Il ruolo che il Ministero della Salute svolge all’interno della rete italiana sulla medicina di genere si esplica nel contesto della programmazione sanitaria e consiste nel coordinamento di tutte le entità coinvolte; promuove anche iniziative di ricerca (sia regionali che locali) finalizzate all’elaborazione di raccomandazioni e linee guida applicabili nella pratica clinica che contemplino la variabile genere nel percorso diagnostico-terapeutico delle patologie note. In aggiunta, il Ministero della Salute è implicato nella promozione di attività di informazione e divulgazione scientifica in materia di medicina di genere, nonché nella progettazione di piani sanitari e di prevenzione che tengano conto del sesso e del genere dei soggetti a cui sono rivolti e nell’individuazione di indicatori attendibili del livello di applicazione della medicina di genere nella pratica clinica quotidiana. Infine, il Ministero della Salute sovraintende alla diffusione della medicina di genere promossa dalla diverse Regioni e Province Autonome all’interno del loro territorio. A partire dal Piano Sanitario Nazionale 2003-2005, annualmente, lo Stato, le Regioni e le Province Autonome identificano mediante un Accordo degli obiettivi strategici da conseguire al fine di garantire che il diritto alla salute e all’assistenza socio-sanitaria, stabilito dalla Costituzione, sia garantito a tutti i cittadini; in tal contesto ogni Regione o Provincia Autonoma è chiamata ad elaborare dei progetti per ogni linea di indirizzo strategico contenuta nell’Accordo, i quali vengono analizzati dallo Stato che stabilisce conseguentemente l’attribuzione di una specifica quota del Fondo Sanitario Nazionale a ciascun proponente progetto. In questa realtà istituzionale, la medicina di genere ha fatto il suo sbarco nel 2012: nell’Accordo proposto in quell’anno, una delle linee progettuali previste portava il titolo di “Misure dirette alla promozione dell’approccio di genere in sanità” e aveva l’obiettivo di stimolare presso le varie realtà della penisola l’elaborazione e la realizzazione di progetti sperimentali e innovativi in grado di favorire l’approccio di genere nella valutazione e programmazione dei Servizi Sanitari Regionali; in particolare, è stata richiesta la promozione di programmi in grado di promuovere stili di vita sani specifici per ciascun sesso e genere e di favorire con apposita organizzazione l’equità di accesso alle cure e di fruizione dei servizi sanitari ai soggetti di entrambi i sessi, rispondendo in maniera appropriata alla specifica domanda di salute di ciascuno, includendo anche la spinosa ed estremamente attuale tematica delle violenza di genere.
Sul piano legislativo la medicina di genere ha cominciato ad essere presa in considerazione nel 2011, quando è stata citata nel decreto di Legge “Omnibus”; nel medesimo anno è stato istituito l'Intergruppo parlamentare “Sostenitori della medicina di genere” che nel marzo 2012 ha fatto approvare alla Camera dei deputati la Mozione unitaria sulla medicina di genere. Nell'anno successivo sono state avanzate alla Camera dei Deputati due proposte di Legge denominate entrambe “Norme in materia di medicina di genere”, ma nessuna delle due ha concluso l’iter parlamentare; ha raggiunto questo obiettivo invece la proposta di Legge avanzata dalla parlamentare Paola Boldrini nel 2016. Con l’approvazione della Legge n. 3 nel gennaio 2018 – denominata “Applicazione e diffusione della Medicina di Genere nel Servizio Sanitario Nazionale” – per la prima volta in Europa è stato garantito l’inserimento della variabile genere in tutte le specialità mediche, ma anche nella sperimentazione clinica dei farmaci, nella definizione di percorsi diagnostico-terapeutici, nella ricerca, nella formazione e nella divulgazione tra gli attori della salute e la popolazione generale; sul rispetto e l’applicazione di questa Legge sorveglia l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) mediante un apposito osservatorio. Allo stato attuale, l’Italia è l’unico Paese in Europa a possedere una Legge con queste caratteristiche e parte del merito per l’approvazione della stessa va riconosciuto all’opera di sensibilizzazione delle istituzioni e della popolazione tutta svolta dalla rete italiana sulla medicina di genere.
…e a livello internazionale?
Anche su scala internazionale la medicina di genere è di fatto una disciplina nuova e in larga parte ancora inesplorata; ha cominciato ad essere presa in considerazione dalle grandi istituzioni internazionali solo a partire dal 1981 con l’emanazione della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) da parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU): attraverso questo documento si chiedeva agli Stati che firmavano e ratificavano la convenzione “appropriate misure per eliminare discriminazioni verso le donne nel campo delle cure sanitarie, assicurando l’accesso ai servizi sanitari, in base all’eguaglianza tra uomini e donne”; nel 1999 tale documento è stato aggiornato nella sezione “Donne e salute”, in cui venne affermato che “le differenze biologiche tra uomini e donne possono portare a differenze sullo stato di salute ed esistono fattori della società che sono determinativi dello stato di salute di entrambi”. Nel frattempo, nel 1995 a Pechino si era svolta la IV Conferenza mondiale sulle donne nel corso della quale era emersa l’esigenza di inserire la dimensione del genere in qualunque scelta politica, anche nell’ambito delle decisioni riguardanti la salute – venne stabilito che la promozione di uguaglianza ed equità tra i sessi anche in materia di salute dovesse essere perseguita attraverso delle azioni programmatiche di governo finalizzate allo sviluppo sociale. A partire da questa delibera, qualcosa nel Mondo ha cominciato a muoversi e, a varie latitudini, si è cominciato a considerare la variabile genere nel contesto nella medicina come una scelta strategica di politica sanitaria, l’unica in grado di consentire l’appropriatezza di qualunque intervento svolto in ambito sanitario. Al fine di rendere la medicina di genere uno strumento di governo e di programmazione sanitaria è diventata tuttavia evidente la necessità di adottare alcune essenziali misure, che tuttavia tarderanno a realizzarsi nella maggior parte degli Stati dichiaratisi disposti a coltivare la medicina di genere:
Promozione di un’attività scientifica e di ricerca in un’ottica di genere;
Ricerca di fattori di rischio dipendenti dal genere in tutte le aree della medicina;
Coinvolgimento di entrambi i sessi in maniera equa nelle sperimentazioni cliniche;
Sviluppo di percorsi di diagnosi e cura orientati dal genere;
Formazione e informazione del personale sanitario relativamente alla medicina di genere;
Adozione di un’ottica di genere nell’analisi di studi epidemiologici e studi clinici;
Adozione di un’ottica di genere nella formulazione dei budget sanitari.
È su questo sfondo che nel 1998 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha inserito la medicina di genere nell’Equity Act, così da definire su scala internazionale la necessità che il principio di equità sia essere applicato ad accesso alle cure e appropriatezza degli interventi in ambito sanitario, tenendo conto del genere del soggetto in questione, oltre che della sua specificità in quanto individuo. Invece, la Comunità Europea ha fondato lo European Institute of Women’s Health (EIWH) nel 2007 e lo European Institute of Gender Equality (EIGE) nel 2011, a chiusura nel lavoro cominciato un decennio prima con l’emanazione di un documento intitolato “Lo stato di salute delle donne europee” in cui venivano analizzati gli indicatori di salute più attendibili nei soggetti di sesso femminile; queste due istituzioni hanno contribuito a portare avanti l’idea che il genere costituisca un elemento imprescindibile al fine della comprensione di salute e malattia, partecipando alla stesura della “Carta delle donne”, attraverso cui si è rafforzato l’impegno a favore della parità tra soggetti di sesso maschile e soggetti di sesso femminile e si è rivendicato il rispetto di dignità e integrità di quest’ultimi. Successivamente, nel 2009, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha riconosciuto la medicina di genere come un importante obiettivo sanitario, istituendo, a riprova di ciò, un Dipartimento attento alle disparità di genere, per arrivare poi a inserire la medicina di genere tra i temi trattati nel contesto della programmazione sanitaria per il quinquennio 2014-2019. In questi stessi anni si è inserito nel dibattito internazionale in materia di medicina di genere anche l’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), che nel 2015 ha approvato i diciassette Obiettivi di Sviluppo Sostenibile da conseguire auspicabilmente entro il 2030, contemplando al loro interno anche la parità di genere, applicabile ovviamente anche all’ambito sanitario.
BIBLIOGRAFIA
Ministero della salute (2016) Quaderni del Ministero della salute – Il genere come determinante di salute: lo sviluppo della medicina di genere per garantire equità e appropriatezza della cura, Roma
Istituto Superiore di Sanità (2019) Medicina di genere https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/m/medicina-di-genere
Comments