I numeri
Il suicidio rappresenta un argomento estremamente delicato e spesso trascurato che però in quanto numeri e costi sociali ha un impatto altissimo. Ogni anno nel mondo si suicidano circa 800.000 persone; nel 79% dei casi questo avviene in Paesi a basso e medio reddito. In Italia i suicidi sono la causa di quasi 4000 decessi all’anno, di cui circa 200 riguardano giovani con meno di 24 anni [1]. A livello globale si calcola che per ogni persona che muore per suicidio ce ne siano altre 40 che lo tentano [2].
Insieme alle morti accidentali per condotte autolesive, il suicidio rappresenta la seconda causa di morte negli adolescenti tra i 15 e i 19 anni [2]. Si stima che questi numeri siano in realtà minori rispetto a quelli reali, a causa della difficoltà personale ma anche sociale e culturale ad accettare il suicidio come reale causa di morte, che porta ad attribuire i fatti ad altre circostanze.
Quali sono le ragioni che portano al suicidio?
Il suicidio e il tentativo di suicidio sono, secondo la descrizione dell’OMS (1), problematiche complesse per cui raramente è possibile identificare un fattore scatenante univoco; spesso infatti si tratta di un’interazione tra fattori di rischio genetici, psicologici, ambientali e socioculturali.
I cosiddetti “fattori di rischio”, ovvero le condizioni statisticamente associate ad una determinata condotta e che pertanto si ritiene possano in qualche modo causarla o influenzarla, sono molteplici e di diversa natura. Qui sotto una breve schematizzazione:
Oltre a ciò, va detto che il suicidio è un fenomeno più diffuso tra le persone di sesso maschile rispetto a quelle di sesso femminile e che nei maschi risulta correlato al livello di istruzione, essendo più diffuso tra gli uomini con un livello di istruzione più basso (questo vale per gli adulti; negli adolescenti il numero dei maschi supera comunque quello delle femmine ma più per una maggiore tendenza all’impulsività e per una scelta di metodi più letali).
Un altro aspetto importantissimo da non tralasciare è che la maggior parte dei suicidi non avviene improvvisamente e inaspettatamente, ma è preceduta da avvertimenti verbali (ovvero una persona che comunica la volontà di suicidarsi, anche se spesso non in maniera diretta) o più o meno numerosi tentativi dello stesso, tramite episodi autolesivi di varia natura.
L’impatto socio-culturale di questo fenomeno
“Un suicidio è come una pietra in uno stagno. Le onde si increspano verso l'esterno”[3].
Uno studio del 2016 [4] stima che per ogni singolo suicidio il numero di persone esposte (ovvero che assistono direttamente o ne vengono a conoscenza) sia 115, con uno su cinque che riferisce che questa esperienza ha avuto un impatto devastante o ha disturbato pesantemente la propria vita.
Quando qualcuno muore per suicidio, le persone colpite più drammaticamente sono coloro vicini alla persona morta - famiglia, amici, colleghi, compagni di classe - poiché in genere sentiranno la perdita più intimamente.
Queste persone, però, rappresentano solo la prima ondata, o il livello iniziale di impatto. Lo stesso discorso vale anche per le persone appartenenti ad una stessa comunità (membri della sua organizzazione religiosa, compagni di scuola, insegnanti, compagni di squadra…), su cui l’impatto può essere del tutto simile a quello sulle persone più vicine alla persona morta suicida. In particolare, se vi è una situazione in cui l'individuo ha lottato apertamente con i suoi problemi di salute mentale, coloro che erano a conoscenza di ciò sentiranno maggiormente il dolore della perdita, e probabilmente si chiederanno se avrebbero potuto fare di più.
Anche le persone che potrebbero non aver nemmeno conosciuto personalmente la persona deceduta possono essere colpite. Per esempio: il personale medico di emergenza, le forze dell'ordine, sacerdoti e altri tra quelli che sono in prima linea nella gestione e risposta a questo tipo di eventi, o forniscono supporto alla famiglia e alla comunità, nel momento della morte o in seguito [3].
Ma come dobbiamo parlare di questo fenomeno pubblicamente?
Essendo questo un argomento lungo e complesso, abbiamo ritenuto opportuno dedicargli un altro articolo intero. Perciò non perdetevi l’articolo che uscirà giovedì in cui spiegheremo le modalità consigliate per affrontare tale argomento sui media tradizionali e social per non rischiare di essere noi stessi causa integrante del fenomeno.
Note
(1) OMS: Organizzazione Mondiale della Sanità, o WHO: World Health Organization
(2) La salute comportamentale (behavioral health) è un termine generico che si riferisce al trattamento di disturbi da abuso di sostanze, problemi di salute mentale, di salute fisica e dello stile di vita (es. obesità, fumo, adesione del paziente al trattamento, rischio di condotte autolesive,...)
RISORSE E FONTI 1. Dati ISTAT 2017 https://www.istat.it/it/archivio/203353
3. The Ripple Effect Of Suicide, Elana Premack Sandler, LCSW, MPH | Sep. 10, 2018
4. Cerel J, Maple M., van de Venne J., Moore M., Flaherty C., Brown M, Exposure to Suicide in the Community: Prevalence and Correlates in One U.S. State, Public Health Rep. 2016 Jan-Feb;131(1):100-7
Il Team di Icaroe in collaborazione la dott.ssa Aurelia Salussolia
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