Quali sono i farmaci più venduti in Italia
Nella classifica del primo semestre del 2018 in pole position troviamo: il paracetamolo nella sua versione commerciale, ovvero la tachipirina®, che occupa le prime tre posizioni (con confezioni che propongono tipi di diversi pastiglie o sciroppi), la nafazolina in quarta posizione (decongestionante in forma di spray nasale, venduto come Rinazina®), e a seguire i probiotici (quelli che vengono anche comunemente ed erroneamente chiamati “fermenti lattici”, qui nello specifico l’Enterogermina®), i lassativi (come il Glicerolo®), e infine due antinfiammatori e antidolorifici venduti come Okitask® e Voltaren®.
Differenze e similitudini tra paracetamolo e gli altri antidolorifici
Occupando gli antidolorifici 5 delle prime 10 posizioni della classifica prima citata, abbiamo deciso di soffermarci su questi farmaci e di metterli a confronto.
Volendo semplificare, possiamo dire che normalmente farmaci come il Voltaren®, il Moment® (in 14esima posizione) o l’Okitask® hanno 3 tipi di funzione:
antidolorifica (o analgesica), ovvero riducono o eliminano la sensazione del dolore stesso;
antinfiammatoria, ovvero agiscono affinchè le varie molecole che sostengono l’infiammazione vengano in qualche modo “spente” o ridotte;
antipiretica, ovvero abbassano la temperatura corporea.
Come mai possono avere tutte queste funzioni insieme? Perché appartengono ad un gruppo di farmaci, chiamati farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) che vanno ad intervenire su delle molecole che agiscono in questi tre processi.
I pericoli dei FANS
Queste molecole però agiscono anche su altri meccanismi che andiamo a bloccare quando prendiamo que
sti farmaci, come per esempio quei processi che vigilano sull’integrità della parete dello stomaco che quindi si troverà meno protetta e più a rischio di infiammarsi ed ulcerarsi.
L’effetto dannoso di questo tipo di antidolorifici è più importante nelle persone anziane, dove quindi il loro utilizzo deve essere ancora più controllato. Fra questo gruppo di farmaci quelli appartenenti al sottogruppo dei -coxib (es. Celebrex®, Arcoxia®) e l’ibuprofene presentano un minor rischio di sviluppare questo effetto avverso, mentre il ketorolac (es. Toradol ®) è associato ad un rischio maggiore, soprattutto di sanguinamento, e per questo deve essere utilizzato con attenzione.
L’uso prolungato di questi farmaci è inoltre associato ad un lieve aumento di rischio di formazione di trombi, ossia di un piccolo coagulo, nel sangue. Da tenere presente che questi farmaci, che spesso vengono assunti con leggerezza proprio per gli scarsi effetti avversi, possono aumentare il rischio cardiovascolare, in particolare per il sottogruppo noto come -coxib. Il naprossene sembra comunque essere il farmaco più sicuro dal punto di vista cardiovascolare.
All’interno di questo gruppo rientra anche l’aspirina, che al contrario diminuisce il rischio cardiovascolare ma ha un minore effetto antidolorifico.
Il paracetamolo invece fa categoria a sé. Infatti, sebbene abbia un’ottima azione antipiretica (quindi per la febbre) e antidolorifica, non ha pressoché alcun impatto sulla riduzione dell’infiammazione. Questo perché, anche se sono farmaci con una struttura simile, le differenze nella loro struttura fanno in modo che agiscano meglio in distretti corporei diversi. Il paracetamolo agisce per lo più a livello cosiddetto “centrale” (ovvero nel sistema nervoso centrale che consiste principalmente di cervello e midollo spinale) ed è per questo funziona così bene per esempio per la febbre (che è controllata appunto a livello centrale), mentre l’ibuprofene e tutti i suoi fratelli (naprossene, diclofenac, ketorolac) anche a livello periferico (tutto il resto del corpo).
Questo si riflette anche in come questi farmaci vengono eliminati: il paracetamolo viene per lo più a livello del fegato, mentre l’ibuprofene e simili a livello sia del fegato che dei reni.
In generale, il paracetamolo, se preso oltre il dosaggio raccomandato, può dare problemi anche gravi a livello del fegato, mentre l’altro gruppo di antidolorifici può creare danni renali. Eccezione a quanto detto è rappresentata dalla nimesulide (Aulin®) che può dare tossicità epatica anche grave e per questo deve essere utilizzata solo come farmaco di seconda scelta per attacchi di dolore acuto.
Quando e come usarli
Entrambi vengono usati comunemente per dolore di tipo lieve o moderato come mal di testa, mal di schiena, dolori mestruali e artriti oppure per ridurre la febbre.
Il paracetamolo però può essere assunto prima o dopo i pasti, senza distinzione, in quanto, come abbiamo visto prima ,avendo effetto prevalentemente sul sistema nervoso centrale non va a diminuire - come effetto secondario - la protezione della parete dello stomaco; questo invece non è vero per l’ibuprofene, che andrà assunto dopo i pasti - quindi a stomaco pieno - per far in modo che, sebbene ci sia il farmaco a diminuire la protezione dagli acidi gastrici, in qualche modo questi vengano “neutralizzati” dal cibo.
In entrambi i casi sono farmaci da usare - se in automedicazione, che comunque non rimane l’opzione preferibile - per problematiche della durata di massimo qualche giorno, perché non sono immuni da effetti tossici, mentre per situazioni più prolungate è sempre bene consultare il proprio medico. Questo è importante perché il dolore è un sintomo e questi farmaci agendo solo su questo elemento non vanno a rimuovere la causa del dolore stesso.
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